Non sappiamo se alla Croce Rossa di via Toscana l’ufficio stampa agisca differentemente da quello di via Ramazzini, ma sicuramente lo staff del Presidente Ronzi non conosce a dovere le regole della comunicazione, quelle che fanno del giornalismo un mestiere, molto spesso mal pagato e bistrattato, ma pur sempre un dignitoso mestiere. In caso contrario non metterebbe nell’home page del suo sito la risposta al nostro articolo, senza neppure citare la fonte da cui l’articolo è stato tratto.

In questo modo, quella che dovrebbe sembrare una risposta, in realtà è il solito comizio monocorde che l’esperto di comunicazione Ronzi propina ai suoi soci come un sedativo. Naturalmente non si entra nel campo della confutazione puntuale, perché è giustamente un campo minato. In Croce Rossa ci riconoscono tutti di essere gran rompiscatole, ma documentatissimi e quando carta canta è facilissimo essere colti con le mani sul pacco.

Ronzi dice che la sua gestione è trasparente e verificabile. Ci fa piacere, ma più volte abbiamo chiesto di conoscere i bilanci, redatti nella maniera dettagliata che è consona ad un’associazione che incasserà decine di milioni di euro tra appalti regionali ed incarichi prefettizi, oltre le varie convenzioni in essere e ancora da pianificare, ma non ci è stato consentito in quanto coperti dalla riservatezza di un’associazione privata. Nemmeno siamo riusciti a conoscere il segreto più segreto e meglio conservato che esista nella Città che ospita addirittura il Vaticano, cioè l’elenco dei fortunati che, senza selezione alcuna, hanno “vinto” contratti di lavoro al Comitato Provinciale. Da quello che ci raccontano sono molti, anzi tanti, al posto dei dipendenti precari, talmente precari da stare a casa loro senza un soldo nonostante l’esperienza maturata.

Abbiamo chiesto e non ci è stato dato. Abbiamo cercato sul sito del Comitato Provinciale di Roma il famoso tasto con la scritta “amministrazione trasparente”, ovvero “trasparenza”, ma probabilmente è così trasparente da non riuscire a vederlo, senza quindi poter dire che non esiste. Per questo, facendo il nostro mestiere, abbiamo raccolto la preoccupazione di numerosi soci di Cri, vecchi e nuovi, che ritengo la struttura bipartita della nuova associazione fonte di potenziali problemi. Da una parte ci sarebbe il Comitato Centrale con i Comitati Regionali, ente pubblico con controllo statale, che amministrerebbero pochi fondi mentre dall’altra i Comitati Provinciali e Locali sarebbero incaricati di gestire e quindi spendere una gran mazza di denari senza i controlli rigorosi che la gestione pubblica di fondi porta con sé.

Del vantaggio di conservare l’intra struttura come Ente pubblico ne sono l’esempio le condanne gravissime e pesantissime subite da alcuni presidenti e commissari di Comitati Locali e Provinciali, e finite sulla stampa recentemente, per le quali questi individui hanno “guadagnato” oltre la pena principale mai inferiore ai tre anni di reclusione anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per malversazioni, peculati o appropriazioni di poche migliaia di euro, in ragione del fatto commesso quando i Comitati erano Ente pubblico.

Oggi si parla addirittura di depenalizzazione degli stessi fatti. Cosa non giusta, ma effetto di quella che Ronzi ed i suoi amici continuano a definire una giusta rivoluzione. Voi continuate, se volete, a chiamarla privatizzazione.