Abbiamo interpellato direttamente il signor Novembrini per capire non soltanto il suo attuale stato d’animo ma anche come si stia evolvendo la ricerca della felicità sua e di sua moglie.

Avete avuto notizie dagli “Spedali civili” di Brescia?

«Mi hanno detto che avrebbero dovuto richiamare loro, dandomi come tempo da una decina di giorni fa, quando ho chiamato, ai tre mesi. Danno precedenza sempre ai casi più gravi e le richieste sono molte. Però, nell’arco dei tre mesi loro pensano di poterci richiamare».

Vi aspettavate questa decisione del giudice, alla luce dei molti provvedimenti simili registratisi soprattutto al nord?

«A causa delle varie “limitazioni”, sinceramente pensavo che il giudice non ci potesse dare quest’opportunità. Invece l’avvocato Cristallini è stato così in gamba da mettere in chiaro come in questo caso fosse in pericolo una vita. Devo essere sincero, non ci credevo. Anche perché le richieste sono molte e poi sa, noi al sud veniamo sempre un poco discriminati…Il giudice però è stato corretto in tutte le occasioni».

Una vittoria, si, che però sarà totale quando si avranno i primi risultati della cura…

«Adesso bisogna dimostrare anche a chi è scettico che queste cellule funzionano, perché lei sa la battaglia pro stamina che c’è. Non tutti credono a questo tipo di terapia. Dobbiamo verificare se funzioni o meno. Io ci credo perché, alla luce di altri risultati e vedendo sia il dottor Andolina che il dottor Vannoni così ottimisti, credo che fino ad un certo punto qualcuno possa creare qualcosa solo per diventare famoso».

Cosa si sentirebbe di consigliare a chi, come lei prima di ottenere il parere favorevole del giudice del tribunale del Lavoro di Bari, lotta per concedersi una speranza?

«Mai mollare. Mai arrendersi. Chi si ferma è perduto. Fermarsi è come segnare la fine di tutto. Io penso che chiunque abbia vissuto una simile situazione sa che bisogna provare tutte le carte. Bisogna dire di non scoraggiarsi perché alla fine qualcosa “uscirà a galla”. Non desidero arrivare a dire che vogliono bloccare tutto, perché se così fosse sarebbe un disastro».

Angelo Fischetti