Lui si chiama Lele, ha 36 anni ed è di Como. È cieco praticamente dalla nascita. Aveva appena un mese di vita quando i medici gli diagnosticarono una brutta malattia agli occhi. Un tumore. Ne seguì l’asportazione dei bulbi oculari, ventisette interventi chirurgici e una vita dignitosa, ma vissuta completamente al buio. È un ragazzo intelligente, ha studiato e fino a qualche mese fa lavorava in un call center.

L’altro si chiama Giorgio e di anni ne ha 37. È di Bari, ma da circa 24 mesi si è trasferito a Milano. Lavorava in un’agenzia marittima al porto con un contratto a tempo indeterminato. La felicità però è fatta anche di molto altro e lui odia la monotonia. Non si sentiva soddisfatto. Così un giorno prende una valigia di cartone e raggiunge Alessandra, la sua fidanzata. Oggi lavora in un ristorante giapponese, fa il cameriere.

Lele ogni mattina prende il treno e da Como si sposta a Milano. Da solo. Perché i genitori ce li ha, ma sono grandi. Perché con i fratelli non va troppo d’accordo. E perché il suo cane guida è malato. Anzi, va a Milano tutte le mattine proprio perché il suo cane guida malato ha bisogno di cure che lui non può garantirgli: non ha abbastanza soldi. Non chiede l’elemosina. Raccoglie degli oggetti che ha in casa e li vende per strada. Accendini, cd, calamite, tazzine. Tutto quello che può essere utile alla causa. Infila un cappellino e se lo tira giù quasi sugli occhi, abbassa la testa per non disturbare la vista dei passanti con le sue cicatrici, si appende un cartello e spera.

Giorgio incrocia quel ragazzo cieco praticamente tutti i giorni. Lo vede camminare in giro con difficoltà, lo vede soprattutto sul ponte di ferro dei Navigli con la sua bancarella improvvisata. In pochi si fermano, lo aiutano, gli chiedono qualcosa. Milano lavora sempre, non ha tempo.

Giorgio è barese e quindi il tempo ce l’ha. Lo trova. Precisamente di lunedì, sua giornata libera. Due settimane fa si sveglia e decide che deve trovare quel ragazzo. Lo deve aiutare. Va sul ponte di ferro, ma non c’è. È su quello dopo, perché aveva più pendenza e gli sembrava più bello. Più ponte.

Giorgio e Lele si presentano, vanno al bar e fanno colazione. Cappuccino caldo e un dolce. Lele spiega a Giorgio la sua storia, si confida, alza il cappellino, gli fa vedere quello che agli altri nasconde per pudore. Gli racconta di come i farmaci che è costretto a prendere non abbiano cambiato il suo sorriso, di quando alcuni commercianti lo cacciano per paura che possa rovinar loro gli affari e di come il suo cane entro fine mese debba fare necessariamente delle analisi. Delle costosissime analisi.

I due si rivedono ancora. Nei giorni successivi Giorgio prima di andare a lavoro lo accompagna in giro e lo aiuta nella sistemazioni degli oggetti “in vendita”. Sui ponti dei Navigli gli affari non vanno troppo bene, così gli trova una nuova location alle colonne di San Lorenzo. Il lunedì successivo si mette accanto a lui. Da casa ha portato un cartello: «A me certamente non manca niente. Do solo una mano a chi è meno fortunato di me. a vostro buon cuore, date una mano anche voi. Buon Natale».

Giorgio torna a casa e decide di fare ancora di più. Durante la mattinata aveva chiesto ad un passante di scattare una foto. Lui, Lele e quei due cartelli in bella mostra. Pubblica la foto su Facebook e lancia un appello a tutti i suoi amici: donate. La foto raccoglie una marea di likes, ma solo due donazioni. Cospicue, considerato tutto, ma soltanto due.

Così a Giorgio viene in mente un’idea migliore. Ricordate quella valigia di cartone con la quale era partito da Bari due anni fa? In realtà era un trolley di Burberry. Il contratto in quell’agenzia marittima era davvero buono, tanto da consentirgli di spendere quasi 1.200 euro per una semplice valigia. Che adesso mette in vendita, all’asta, per aiutare Lele.

Giorgio, che di cognome fa Massarelli per chi volesse contattarlo su Facebook e aiutarlo nella sua lodevole iniziativa , lunedì porterà Lele a mangiare nel ristorante giapponese dove lavora. Una piccola gioia, in attesa di regalargliene una più grande. Con l’aiuto di tutti.