Venti condanne a pene comprese fra i 10 anni e i 6 mesi di reclusione, le ha chiesto la Dda per pregiudicati e imprenditori accusati di estorsioni, con l’aggravante del metodo mafioso, ai danni di aziende e commercianti di Bari e provincia commesse da esponenti del clan Parisi di Japigia.

Tra gli imputati nel processo, che si sta celebrando con il rito abbreviato, vi sono anche un fratello e un nipote di Savinuccio Parisi, capo dell’omonimo clan. Per Nicola e Tommaso Parisi le condanne richieste sono di 10 anni di carcere. Tra gli altri imputati, oltre ad alcuni affiliati, figurano anche alcuni imprenditori, che da vittime sarebbero diventati complici dell’organizzazione, come i quali titolari di cantieri edili e di aziende di prodotti ittici e caseari. Francesco Serra, imprenditore di Gioia del Colle, rischia una condanna a 8 anni di reclusione.

Dalle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, a gestire il giro di estorsioni era il clan Parisi che, attraverso il ricorso a minacce, fisiche e a mano armata, al danneggiamento di mezzi da cantiere, si faceva consegnare denaro contante, forniture di generi alimentari e buoni di benzina.

Ad un commerciante di prodotti ittici sarebbe stato chiesto, per esempio, 1 euro per ogni chilo di pescato importato dalla Grecia, circa 1000 euro a settimana. Nel febbraio 2016 l’indagine ha portato all’arresto di 11 persone nell’ambito dell’operazione ribattezzata ‘Clean up’.

Nel procedimento sono imputate altre otto persone che non hanno scelto il rito abbreviato, fra cui il pregiudicato Michele Parisi, fratello del boss e ritenuto il referente di questo gruppo criminale.