Questo Bari non è da play-off. Certo, ci potrebbe arrivare. Ma c’è qualcosa che a questa squadra manca, qualcosa che non si può nemmeno allenare. Giulio Ebagua è così. Prendere o lasciare. L’attaccante nigeriano non le manda a dire. E le sue conferenze sono per distacco le più interessanti che il San Nicola abbia mai visto in stagione.

«Questa squadra ha delle qualità – dice Ebagua in merito alla rincorsa ai play-off – ma gli manca la cazzimma. Il mordente. L’ignoranza agonistica. La cattiveria ce l’hai o non ce l’hai. Non la puoi allenare. Lo vedi subito se qualcuno la possiede. Quando incontri qualcuno che è cresciuto per strada te ne accorgi».

«All’inizio dell’anno seguivo le vicende del Bari da lontano – continua – sembrava tutto una grande festa. Si parlava di una squadra che avrebbe dovuto vincere il campionato a mani basse. Come ho detto quando sono arrivato, io vedevo le cose in maniera diversa. E la penso ancora così. Avessimo fatto qualche punto in più nel girone d’andata avremmo potuto parlare di altro ma attualmente, per quanto mi riguarda, dare un senso a questa stagione significa arrivare a quota 52 e guadagnare una salvezza tranquilla. Per quanto mi riguarda sarebbe quella la mia scommessa vinta. Non sono disfattista, sono realista. Se qualcuno vuol parlare di obiettivi più prestigiosi, faccia pure».

A Pescara il Bari troverà un ambiente caldo. Lo stesso di Avellino, dove però le cose non sono andate per il verso giusto. «Non confondiamo cioccolata bianca con quella extrafondente – dice Ebagua – due partite diverse, due piazze diverse, due situazioni diverse. A Pescara si può fare calcio, ad Avellino no. Andremo a giocare in un ambiente caldo, questo è sicuro. Pescara ha voglia di emergere e credo che al momento possa considerarsi come la migliore squadra del campionato. La mia stagione? Mi sento in debito. Ottimi allenamenti, buone prestazioni ma ancora pochi goal. Per un attaccante significa vivere o morire. Non mi fascio la testa, ma voglio fare meglio».