Dopo il caso Teleperformance e i tanti che si susseguono in tutta Italia, riceviamo e pubblichiamo alcune considerazioni di Falvio Ferrante (UGL Telecomunicazioni):

Uno dei pochi lavori dove ancora un neo diplomato o laureato può sperare di inserirsi nel sistema produttivo nazionale è rappresentato dai call center, un termine generico che comprende un sistema complesso di attività e diversi gradi di professionalità. Le innumerevoli aziende del settore che lavorano nel nostro Paese, oltre a fare i conti con l’elevata tassazione nazionale, devono combattere quotidianamente con la concorrenza di altre nazioni limitrofe che, azzerando i diritti dei dipendenti, razionalizzano anche il costo del lavoro, decretando così la fine della “PROFESSIONALITA’ “con cui i nostri giovani s’impegnano quotidianamente per raggiungere risultati convincenti.

È chiaro quindi che la competitività si basa esclusivamente sul “COSTO DEL LAVORO”
Purtroppo tutto questo spinge i grandi gestori ad affidare commesse “AL MASSIMO RIBASSO”, quindi alla delocalizzazione delle attività nei predetti paesi. Note aziende italiane, esperte nella vendita a mezzo call center, esportano dall’Italia il lavoro assumendo in altri Stati, per ottenere maggiori ricavi derivanti dalla minore tassazione e/o dagli incentivi che quei paesi mettono a disposizione.

Aprire per traferire le offerte\commesse dei grandi gestori proprio in Romania, Tunisia, Albania ecc. e mettere per strada gli italiani che, con la loro professionalità hanno contribuito a rendere grandi le stesse aziende, significa danneggiare un sistema a scapito della qualità e della sicurezza. In tutto questo il Governo, non solo sembra indifferente ma di fatto, siglando accordi extracomunitari, non fa che facilitare il disastro occupazionale in Italia.

È importante sapere che, l’ art. 24 bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito nella Legge 7 agosto 2012, n. 134 recante “Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center”,  “dispone che quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale”.

Purtroppo, fino ad oggi tale disposizione non viene rispettata e grazie agli ultimi accordi sottoscritti dai compagni del sig. Renzi, la tutela dei dati  è stata ridimensionata. In pratica, l’ultimo accordo sottoscritto fra l’Italia e il Governo Albanese permette l’utilizzo di dati dei cittadini italiani a fronte di un possibile nostro controllo.
Da un lato questo dovrebbe tutelare gli italiani, dall’altro condanna a morte l’occupazione nei nostri call center, alimentando l’emorragia dei posti di lavoro. Un colpo di grazia perché come dicevamo prima, non prevede nessun margine di competizione in termini di mano d’opera e diritti dei lavoratori. Il Governo ottuso non ancora soddisfatto si appresta a sottoscriverne un altro accordo anche con il Kosovo ed altri paesi.

Le commesse in taluni casi, sono affidate a grossi call center di proprietà di cittadini stranieri sbarcati sulle nostre coste all’epoca dei viaggi della speranza (oltre il danno la beffa). Quel poco che resta ancora in piedi in Italia deve fare i conti, sempre grazie a questo Governo, con gli effetti provocati dal job acts, alcune note aziende del settore infatti, chiudono sedi al nord per crisi e assumono al sud, con nuovi contratti a tutele crescenti senza quell’ importante tutela prevista dall’art. 18.

Il bilancio occupazionale di tali operazioni è pari a zero, ma crea grossi disagi sociali nelle aree abbandonate.
Questo modo di operare, trova la giusta collocazione in un quadro normativo che permette alle holding di creare, per ogni sede delle aziende, dando la possibilità di dichiarare crisi in una ed assumere nell’altra. Oltre ai citati assist del Governo, si registrano inoltre casi assurdi, dove a delocalizzare in Albania e Slovenia è l’Aci Global, creata da ACI Ente Pubblico e non Economico, non curandosi che i dati degli utenti potrebbero cadere nelle mani di pirati informatici, con gravi rischi per la privacy.

Il Governo deve rendersi conto che il sistema di vendite ed assistenza telefonica, è negli interessi degli altri Stati, in quanto loro hanno capito che rappresenta un volano del commercio, talmente importante da permettere regimi di tassazione diversi e bassi costi del personale.

Disinteresse e superficialità nelle leggi infliggeranno un duro colpo alle prossime generazioni ed al nostro Paese.
Diverse potrebbero essere le soluzioni per conservare e sviluppare questa tipologia di lavoro in Italia come: il contenimento delle gare al massimo ribasso, la detassazione dei salari e delle imprese che nel loro insieme occupano centinaia di migliaia di giovani e meno giovani.  La sfida da affrontare deve essere ambiziosa anche se mentre scriviamo, il call center Teleperformance di Taranto (oltre 2000 lavoratori) intende chiudere o proporre in alternativa assunzioni a tutele crescenti, azzerando quelle garanzie preesistenti previste dal famigerato art 18.