Si addormenta a causa della notte insonne e qualcuno entra nella stanza per rubarle il cellulare appoggiato sul comodino. È successo ieri al quinto piano del San Paolo di Bari. Un ospedale, il posto dove più di ogni altro ci si dovrebbe sentire protetti. La vittima del furto, ricoverata nel reparto di Medicina Generale, si era appisolata insieme alle sue vicine di letto, due anziane di 88 e 90 anni.

È a quel punto che qualcuno ha potuto agire in maniera indisturbata, sottraendo lo smartphone alla paziente. L’ultimo accesso su whatsapp risulta effettuato un quarto d’ora prima delle ore 14. L’accaduto è stato regolarmente denunciato ai Carabinieri, ma come succede in questi casi ci sono pochissime speranze di ritrovare l’apparecchio.

Interpellati, gli abusivi che popolano il nosocomio hanno assicurato di non avere nulla a che fare col furto, sostenendo che mai si metterebbero a rischio per uno smartphone, nella maggior parte dei casi facilmente rintracciabile. E allora chi è potuto entrare nel reparto, fuori dall’orario delle visite, mettendo a segno un furto così meschino? In questi casi non ci si rende conto del danno, soprattutto emotivo, che si arreca a chi improvvisamente perde il conforto che il cellulare rappresenta in quel momento.

Social network e whatsapp sono lo strumento privilegiato per stare in contatto con amici e familiari in un periodo delicato della propria vita e poi il tempo sottratto alle visite per fare la denuncia, bloccare la vecchia scheda, farne una nuova, comprare un altro smartphone. Il ladro resterà avvolto nel mistero, probabilmente non servirebbe neppure chiedere intercessioni fuorilegge. Nel caso in cui il responsabile dovesse essere individuato, però, ci piacerebbe chiedere al farabutto se si rende conto che il furto di quel cellulare da pochi euro ha cancellato una parte inestimabile dei ricordi e della serenità di una persona in difficoltà.