Ormai è un gioco delle parti, modo più elegante di definire una vera farsa istituzionale attorno alla salma di una Gloriosa Istituzione: la Fiera del Levante. La Fiera è morta da tempo e il suo cadavere puzza. Lo sanno tutti, a cominciare dal suo ultimo presidente, un galantuomo che si è preso una rogna immane a titolo gratuito ma che non ha ancora la forza per smantellare definitivamente la baracca, ricollocare da qualche parte i dipendenti e chiudere. In attesa che si possa capire che fine faranno i 350 mila metri quadri della ex campionaria, i suoi padiglioni vecchi e nuovi, le mura che sono tutelate dalla soprintendenza e così via.

I segnali di una irreversibile e mortale patologia erano visibili da almeno un lustro. Ma nulla o quasi è stato fatto, seriamente fatto, perchè la Fiera smettesse di gravare inutilmente sui pubblici bilanci e cominciasse a vivere di luce e soldi propri. Come ogni cosa che riguarda Bari e la sua area metropolitana, in Fiera vige da un lato la stantia riproposizione di eventi e fatti già vecchi al momento in cui sono nati, oppure ormai disperatamente obsoleti come una “Galleria delle Nazioni” che non è altro che un bazaar di porcheriole a poco prezzo spacciate per “artigianato” proveniente dai quattro angoli del mondo.

E dall’altro l’assoluta mancanza di idee innovative che la facciano vivere dodici mesi l’anno, uscendo dalla logica ormai improponibile dell’Ente Pubblico che vive anche se non produce nulla di utile alla città. In Fiera e ovunque a Bari, il futuro si coniuga come fosse un verbo tuttofare, sempre utile e opportuno, il Futuro Perenne del diremo, faremo, cercheremo, con indefettibile costanza.

Si apre l’ennesima edizione con l’ennesima passerella di autorità, a partire dal Presidente del Consiglio, un altro molto bravo a coniugare il Futuro Perenne, specie alla prima persona plurale. Negli ultimi anni, Silvio Berlusconi aveva sistematicamente disertato l’inaugurazione settembrina, costringendo la sua ex protesi Raffaele Fitto a sostituirlo nell’imbarazzante compito di imbastire qualche cartella di nulla da propinare all’accaldato pubblico. Pochi lessero quella diserzione come la più chiara indicazione che ormai la Fiera del Levante, e come istituzione e come appuntamento, non contava più niente.

Abbandonata in primis proprio dalla Politica, che per decenni se n’è servita senza vergogna per le carriere e gli interessi elettorali dei singoli.  Oggi, in queste condizioni di nulla progettuale, davvero non ha più senso che continui a sopravvivere. Staccatele la spina. Adesso. Imperativo presente. Basta con il futuro perenne.