L’accesso è vietato, ma non c’è misura anti vergogna che tenga davanti all’indignazione popolare. Siamo in grado di mostrarvi le inaccettabili condizioni in cui si trova l’enorme capannone dell’ex Ciapi, adiacente alla sede dell’Arif e a quella della Cittadella Mediterranea della Scienza.

Nel corso degli anni, sostiene chi ha frequentato l’ex fiore all’occhiello della formazione professionale pugliese, sarebbero spariti utensili e altri materiali di valore, mentre ciò che è rimasto è stato abbandonato sotto il guano dei piccioni, veri padroni dell’immobile in passato al centro delle polemiche per via della presenza di amianto.

Migliaia di monitor, personal computer, stampanti e fotocopiatrici sono accatastati in una montagna nella parte più lontana del capannone rispetto all’ingresso. Mancherebbero anche alcuni vecchi torni, frese, alesometri e vecchi macchinari. Una situazione indecente, non certo per la presenza di giornaletti porno, quanto perché quell’attrezzatura sarebbe potuta essere riutilizzata ai tempi in cui è stata buttata.

Un declino lento, ma inesorabile. Senza contare i dati sensibili contenuti in centinaia e centinaia di faldoni. In una delle tante stanze, pure queste piene di armadi depredati, ci sono le raccomandare spedite da enti e fornitori. Raccomandate mai aperte dagli uffici a cui erano indirizzate. Qualcuno è morto prima di assistere ad un minimo sussulto istituzionale.

Alle spalle del capannone principale c’è un altro grande deposito, dove si stanno accatastando altri beni della Regione, appartenenti agli uffici dismessi, trasferiti man mano nelle nuove sedi. Qualcuno dei complementi d’arredo e attrezzature: armadi, sedie o scrivanie potrebbero essere dati per esempio ad associazioni, cooperative o a chiunque potrebbe farebbe un uso migliore. Del resto, a fare meglio di così ci vuole davvero poco.