“Vi ricorderemo come due fratellini uniti, coraggiosi, che con la sola forza dell’amore hanno provato ad aiutarsi l’uno con l’altro, senza pensarci due volte, senza paura, con la sola voglia di farcela. Dimostrandoci come un fratellino possa essere un eroe per l’altro”.

Così inizia la commovente lettera firmata da Rosa Carlucci e Filomena Pappalardi, rispettivamente madre e sorella di Salvatore e Francesco Pappalardi, i due fratellini noti come Ciccio e Tore, scomparsi da Gravina in Puglia il 5 giugno 2006.

I corpi dei due bambini, di 13 e 11 anni, furono ritrovati il 25 febbraio 2008 in una cisterna del rudere conosciuto come ‘La casa delle cento stanze’, nel centro città. Il ritrovamento avvenne per caso quando un altro ragazzino cadde nella cisterna e un suo amico diede l’allarme.

Nel 18esimo anniversario della loro scomparsa, la famiglia ha voluto ricordare il legame indissolubile e il coraggio dei due fratellini. La lettera, scritta con profonda commozione, li descrive come “due angeli che illumineranno il nostro cammino, sarete sempre presenti e vivi nei nostri ricordi. Siete i nostri angeli, ciao Ciccio e Tore”.

Il caso, che all’epoca scosse l’intera comunità, vide inizialmente il padre dei bambini, Filippo Pappalardi, accusato della loro scomparsa e imprigionato. Le accuse caddero soltanto con il ritrovamento dei corpi, che dimostrò l’infondatezza dei sospetti contro di lui.

Assistite dall’avvocato Giovanni Ladisi e dal consulente Rocco Silletti, Rosa Carlucci e Filomena Pappalardi hanno recentemente chiesto la riapertura delle indagini sulla scomparsa dei due fratellini, nella speranza di fare luce su tutti gli aspetti di questa tragica vicenda.

Parallelamente, la famiglia ha intrapreso una causa civile per ottenere un risarcimento dal Comune di Gravina e dalla società proprietaria del rudere dove furono trovati i corpi. Tuttavia, la richiesta è stata respinta sia in primo grado che in appello dal tribunale di Bari, ed è ora pendente in Cassazione.

Questa dolorosa storia, caratterizzata da profonde ingiustizie e da una continua ricerca di verità e giustizia, rimane un triste capitolo nella memoria collettiva di Gravina in Puglia e un simbolo dell’inestinguibile amore familiare.