Testimone oculare a soli 3 anni e 3 mesi. Il piccolo sarebbe l’unico ad aver assistito ai tentativi di soffocamento della piccola Emanuela Difonzo, morta ad appena 3 mesi il 12 febbraio 2016 e secondo la Procura di Bari ammazzata dal padre, Giuseppe, il cui nome compare in un’altra tragica vicenda di pedofilia, che per i magistrati è affetto dalla sindrome di ‘Munchhausen per procura’, tanto che avrebbe provato in più occasioni di ucciderla. Il bambino era ricoverato nella stessa stanza di Emanuela, nell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, e nel corso delle indagini ha raccontato, mimandoli, i gesti che vide fare dal padre della bambina.

Lo psicoterapeuta Ignazio Grattagliano, che ha raccolto la testimonianza del bimbo, ha riferito le parole dette e i gesti mimati dal bambino durante una udienza del processo in cui il padre di Emanuela è imputato per l’omicidio volontario premeditato pluriaggravato della figlia. Stando alle indagini della Procura di Bari, coordinate dai pm Simona Filoni e Domenico Minardi, l’uomo avrebbe soffocato la bambina nel sonno durante un ricovero in ospedale.

La piccola era nata nell’ottobre 2015 ed era stata ricoverata per 67 giorni in meno di tre mesi a causa di crisi respiratorie provocate, secondo la Procura, sempre dal padre. Il professor Grattagliano, aiutandosi con un bambolotto, ha mimato quello che il bimbo di tre anni gli aveva fatto vedere durante un’audizione protetta disposta durante le indagini: Giuseppe Difonzo che premeva sulla fronte, sul viso, sul collo e poi sulla pancia della bambina, fino a provocarle una crisi respiratoria. Poche ore dopo l’episodio raccontato dal bambino, Emanuela ha avuto un’altra crisi ed è morta.

Nell’udienza di ieri ha testimoniato anche il professor Roberto Catanesi, lo psicopatologo forense che ha eseguito una perizia psichiatrica sull’imputato. In aula ha confermato che Giuseppe Difonzo a suo avviso ha un “disturbo della personalità dai tratti istrionico-narcisistici”, escludendo, però, “la presenza di disturbi psicotici e disturbi dell’umore di rilevanza clinica”, è quindi capace di intendere e volere. Nella prossima udienza del 10 dicembre la parola passerà proprio all’imputato, difeso dall’avvocato Antonello Contaldi, che se vorrà si sottoporrà all’esame, e poi ai testimoni della difesa.