L’assurda storia della signora Giovanna, fuggita dal Policlinico per non morire e sottoposta a un trapianto di fegato agli Ospedali Riuniti di Ancona, è stata oggetto di un’inchiesta interna del Policlinico. Tutto nella norma se non fosse che chi ha “indagato” sono le stesse persone coinvolte nella vicenda. Il comunicato stampa diffuso dal Policlinico è un’accozzaglia di menzogne che mal si concilia con la volontà dei familiari della 57enne di ripristinare verità, giustizia e diritti sacrosanti calpestati dalla logica della medicina ragionieristica e attendista che ha portato ad accumulare un colpevole ritardo nelle cure dopo 20 giorni di ricovero.

La scelta della direzione generale del Policlinico è stata quella di scaricare il medico che, profondamente sconsolato, aveva suggerito ai familiari della paziente di andare ad Ancona perché a Bari non l’avrebbero operata a causa dell’elevato livello di rischio. Lo stesso dottore, dopo i continui dinieghi ricevuti dai colleghi, nella registrazione che abbiamo pubblicato, dice: “Oggi mia madre l’avrei portata ad Ancona”, spiegando come il suo primario, proprio in considerazione di quei dinieghi, sarebbe stato pronto a scrivere direttamente la mattina del 28 maggio alla direzione sanitaria per sottolineare la necessità di un trasferimento.

A differenza di quanto scritto nel comunicato, la signora Giovanna non ha mai preso accordi con l’ospedale pubblico di Ancona, non sapendo neppure che esistesse un Centro Trapianti ad Ancona. I primi contatti con il nosocomio marchigiano sono stati avviati dal personale medico del Policlinico, già diversi giorni prima del 28 maggio e senza che la famiglia di Giovanna fosse stata informata. Prova ne è la circostanza che la signora quel posto ad Ancona ha rischiato di perderlo per la decisione del direttore generale e sanitario del Policlinico di non concedere l’autorizzazione al trasporto. I medici di Ancona, infatti, sapendo che la paziente sarebbe stata trasportata privatamente, dopo le dimissioni da Bari, al capoluogo marchigiano, non avrebbero più voluto accettare Giovanna. C’è voluta l’opera di convincimento del medico che aveva in cura la signora al Policlinico prima di decidere di mettersi in ambulanza e percorre con estremo rischio i 500 chilometri che separavano Bari dagli Ospedali Riuniti.

Perché il medico avrebbe dovuto mentire? Perché, se il medico sapeva dal 26 maggio che la signora avrebbe potuto sottoporsi agli ultimi esami per l’inserimento nella lista d’attesa d’urgenza e il 28 maggio ,parlava ancora di dinieghi? La consulenza chirurgica a cui si fa riferimento nel comunicato è quella al termine della quale, il chirurgo ha detto ai familiari che ormai non c’era più niente da fare con un perentorio: “Mi dispiace” e una pacca sulla spalla, aggiungendo che: “In quelle condizioni nessun chiurugo si sarebbe preso la responsabilità di sottoporre la signora a una gastro”. I quesiti senza risposta sono ancora tanti, a cominciare da quello che ha destato maggiore preoccupazione. Se il caso della signora Giovanna era davvero così grave come lo stesso Policlinico ha riconosciuto, perché gli esami previsti dopo 18 giorni di ricovero non erano stati ancora effettuati, lasciando che il quadro clinico generale peggiorasse di ora in ora?

L’unica cosa vera scritta nel comunicato, oltre agli esami a cui la donna è stata sottoposta, è la perdita di fiducia e di empatia con chi la stava curando. Come ci si può fidare di chi si è rifiutato per giorni e giorni di farti fare gli ultimi esami che avrebbero potuto decretare l’inserimento nella lista d’urgenza per un trapianto o la tua condanna a morte? Decidere di andare ad Ancona contro il parere del rianimatore del Policlinico, che sconsigliava il viaggio in ambulanza, non è stato facile, ma come ha detto inequivocabilmente il medico curante ai familiari in quella stessa registrazione, era l’unico modo per tentare di sopravvivere.

La gastroscopia, la colonscopia e il test per l’hiv sarebbero stati eseguiti la mattina del 28 maggio, solo perché un parente della donna ha chiamato il direttore generale, che ha innescato la procedura. Lo stesso parente che ha perso ore nel tentativo di trovare qualcuno che potesse trasportare Giovanna nelle Marche con un areo attrezzato. Altro che protocolli, considerando anche l’evidente diverso approccio alla paziente avuto dai medici degli Ospedali Riuniti di Ancona, dove Giovanna si trova ancora ricoverata nel reparto di Rianimazione.

Se quel trasposto fosse stato eseguito prima, se i medici del Policlinico avessero certificato prima di non voler sottoporre la donna a gastroscopia e colonscopia, forse Giovanna avrebbe fatto prima l’intervento, avendo anche un altro decorso post operatorio. In queste ore, anche alla luce di quanto dichiarato ufficialmente dal Policlinico di Bari, i familiari di Giovanna stanno decidendo l’opportunità di rivolgersi alla magistratura, affinché vengano chiarite eventuali responsabilità ed eventuali ritardi alla base della degenerazione del quadro clinico, apparso già molto grave già durante i primi giorni di ricovero.

I cittadini baresi e pugliesi meritano un’altra sanità e un atteggiamento meno difensivista. “Non c’è dubbio che le procedure messe in atto sia a Bari che ad Ancona – scrive il direttore generale – siano state ugualmente tempestive”. Dottor Dattoli, dopo aver approfondito il caso, dubitiamo fortemente sulla tempestività del Policlinico. I familiari della donna hanno visto con i propri occhi come Giovanna è stata trattata a Bari e ad Ancona. Sia chiaro, non è una caccia alle streghe, ma il tentativo di ripristinare la verità dei fatti e capire quanto efficace o meno sia stato il ricovero a Bari.

Dedichiamo la nota a margine a un passaggio del comunicato, a quella che appare una delle principali preoccupazioni della direzione del Policlinico: “Il Direttore Generale, manifestando alla Signora Giovanna, gli auspici di una pronta e piena guarigione, esprime il più vivo rammarico per una vicenda che certo non può mettere in discussione la reputazione di una équipe di elevate competenze multidisciplinari, che ha all’attivo circa 300 trapianti di fegato, con risultati perfettamente allineati agli standard qualitativi nazionali, sia per gravità di malattia, che per complessità tecnica”.

Siamo fermamente convinti che la reputazione dei professionisti coinvolti in questa vicenda, compresa la sua e quella del direttore sanitario, valga comunque meno della vita di Giovanna e di qualunque altro paziente, che si rivolge a voi convinto di essere nelle mani migliori possibili. Di seguito il comunicato stampa diramato il 15 giugno scorso dal Policlinico di Bari:

COMUNICATO STAMPA – TRAPIANTO DI FEGATO
IL POLICLINICO CONDUCE UN’INDAGINE
IL CASO DELLA SIGNORA GIOVANNA, TRAPIANTATA AD ANCONA

In merito al caso della Signora Giovanna (57 anni), ricoverata presso la Clinica Medica I il 9 maggio 2015, che ha scelto di dimettersi volontariamente, interrompendo le procedure d’urgenza messe in atto per eseguire un trapianto di fegato al Policlinico, avendo deciso di rivolgersi all’Ospedale di Ancona per essere sottoposta allo stesso intervento, la Direzione Sanitaria ha svolto un procedimento interno per verificare l’accaduto.

Al termine dell’inchiesta è stato accertato che il complesso iter diagnostico a cui la Paziente è stata sottoposta è stato del tutto conforme alle linee guida e alla buone pratiche accettate dalla comunità scientifica. In particolare, durante la degenza presso il Policlinico di Bari, la Signora Giovanna è stata sottoposta, oltre agli accertamenti routinari, a test immunobiologici, allo studio genetico di emocromatosi, TAC addome-pelvi, colangio-Risonanza  Magnetica,  biopsia  epatica percutanea. A conclusione di queste indagini, in data 25 maggio, una consulenza chirurgica ha posto l’indicazione al Trapianto di Fegato (eventualmente anche in regime di anticipo nazionale per MELD>30), previo completamento delle indagini previste dall’iter della valutazione pre- trapianto (gastroscopia, colonscopia e test HIV).

Contestualmente il Centro Trapianti di Fegato del Policlinico ha preallertato il Coordinamento

Regionale Trapianti della probabile imminente richiesta di anticipo MELD.

La gastroscopia già fissata per il 26 maggio 2015 è stata riprogrammata al 28 maggio 2015 in seguito alla comparsa di un episodio di sanguinamento (rettorragia), che ha reso necessario un periodo di stabilizzazione emodinamica.

L’inchiesta della Direzione Sanitaria ha altresì accertato la correttezza delle procedure messe in atto  dal Centro Trapianti di Fegato, che, dopo  aver  espresso  parere  favorevole  (con  firma congiunta del Chirurgo e del Gastroenterologo), il 26 maggio, all’inserimento in lista di attesa per trapianto,  ha  dato  comunicazione  ai  Centri  di  Coordinamento  Regionale  e  Nazionale  per imminente richiesta di anticipo organo per MELD > 30.

Il Centro Trapianti, come si è già detto, nella stessa data, ha concordato con i Sanitari della Clinica Medica I il citato completamento della valutazione pre-trapianto (test HIV, CMV-Ag, Colonscopia e Gastroscopia) e ha programmato l’esame endoscopico dello stomaco-duodeno il 28 maggio. Il trasferimento della paziente dalla Clinica Medica non è stato effettuato per mancanza assoluta di posti letto, ma questa circostanza non ha impedito l’espletamento di tutte le procedure d’urgenza.

La decisione della Signora Giovanna di lasciare il Policlinico di Bari il 28 maggio, dopo aver preso accordi con l’Ospedale di Ancona, parrebbe in parte influenzata dalla interazione con il Dirigente Medico della Clinica Medica I, che ha espresso delle valutazioni personali sull’opportunità di stabilire contatti con un Centro Trapianti extra-regionale, nonostante fosse stata attivata la procedura d’urgenza del Centro Trapianti di Fegato del Policlinico.

Il Direttore Generale, manifestando alla Signora Giovanna, gli auspici di una pronta e piena guarigione,  esprime il più vivo rammarico per una vicenda che certo non può mettere in discussione la reputazione di una équipe di elevate competenze multidisciplinari, che ha all’attivo circa 300 trapianti di fegato, con risultati perfettamente allineati agli standard qualitativi nazionali, sia per gravità di malattia, che per complessità tecnica.

Questo episodio conferma quanto sia decisivo, nel percorso di cura – anche in situazioni di estrema gravità – il corretto rapporto di fiducia medico-paziente.

Nel tempo questa relazione si è evoluta da un modello paternalistico al modello Informato. In questo paradigma il malato ottiene informazioni dettagliate riguardo rischi e benefici e poi decide. Il trasferimento di informazioni è visto come l’unico contributo legittimo del medico: egli si limita a fornire indicazioni ed alternative, senza esprimere opinioni personali e cercando di non influenzare per nulla le conclusioni dell’interessato.

La Signora Giovanna ha preso la sua decisione quando si è deteriorata l’empatia nei confronti dell’équipe del Policlinico, che era pronta ad effettuare l’intervento. Sul suo convincimento possono aver influito giudizi non obiettivi ascoltati durante il ricovero, ma non c’è dubbio che le procedure messe in atto sia a Bari che ad Ancona siano state ugualmente tempestive.