La vita è strana. Il 3 maggio la postina ha consegnato due lettere in redazione: la prima è l’ennesima missiva anonima con altri presunti abusi, tutti da verificare. L’altra, è un invito a conciliare (depositato il 22 aprile scorso) – propedeutico all’instaurazione di un giudizio per otenere il risarcimento del danno per diffamazione. L’atto è firmato dai legali incaricati da Mattelo Colamussi, presidente del Consiglio di Amministrazione delle Ferrovie Appulo Lucane. Ciò che non è scritto è che il presidente è anche direttore generale dell’azienda pubblica. Sarà stata certamente una svista.

Centomila euro il risarcimento del danno che Matteo Colamussi intende rivendicare, per aver leso i suoi diritti, l’immagine e la reputazione. La nostra indagine giornalistica, al contrario di quanto scritto, non è ossessiva e neppure ha nulla di personale nei confronti di Matteo Colamussi. Non abbiamo alcuna perplessità, come detto già nella prima intervista, sull’integrità del presidente e direttore generale delle FAL. Poniamo a lui le nostre domande per il solo ruolo che riveste.

Non potremmo rivolgerci a nessun altro. Non ci soffermiamo in questa sede sulle 11 pagine dell’atto. Vogliamo solo fare un paio di considerazioni. È la prima volta che ci capita di ricevere puntualizzazioni oltre che sui contenuti di un articolo, anche sulla forma e sugli errori di ortografia. Sapevamo di incorrere in una simile reazione, ma forti dei documenti (non tutti pubblicati), abbiamo deciso di andare avanti, con la speranza che si possa chiarire questa vicenda che – Colamussi ha ragione – ha radici “nel secolo scorso”.

Possiamo aver detto qualche inesattezza ma, complessivamente, non intacca il quadro complessivo di ciò che denunciamo. Il presidente Colamussi ci accusa di averlo letteralmente fermato per strada e di averlo aggredito con domande a raffica (per intenderci sullo stile de “Le Iene”). Grazie al cielo ci sono le immagini. È vero, quell’intervista è il riassunto, ma solo perché – come richiesto da Colamussi – alcune cose non le abbiamo pubblicate. Si tratta solo di un paio di minuti di imbarazzi e convenevoli. Cadiamo dalle nuvole visto che molte delle nostre frasi, sottolineate nell’atto, sono fatti e non illazioni, come nel caso della graduatoria per 11 guardabarriere. Il fatto che i punteggi divergano non è una nostra considerazione, ma il frutto di semplici calcoli matematici.

Non c’è mai stata nessuna intenzione di attribuire al presidente e direttore generale responsabilità non sue. Anche per questo speriamo che le autorità competenti possano dissipare ogni dubbio a riguardo. Il 2 maggio, dopo essere stati ad Altamura, i finanzieri hanno fatto un blitz anche a Gravina. Nel mirino ci sono sempre il personale e presunte irregolarità nei rifornimenti caburante. Se quello di essere chiamati in giudizio per il risarcimento di presunti danni da diffamazione è l’unico modo per poter esporre le nostre ragioni, sia fatta la volontà del presidente Colamussi, sicuramente estraneo a molte delle faccende poco chiare e per questo siamo certi disposto a rintracciare i veri responsabili.

Chiudiamo riprendendo il concorso da guardabarriere del 2010. La Job Italia S.p.A. Agenzia per il lavoro, ci tiene a precisare che non hanno nulla a che vedere con la InJob Centro Italia SPA, Agenzia per il lavoro. Abbiamo tolto il loro logo dal pezzo, abbiamo persino oscurato loghi e volti. Ci hanno ulteriormente diffidato per essere entrati nell’ufficio (lo stesso di allora in via Devitofrancesco) e aver chiesto ai dipendenti spiegazioni rispetto a quella graduatoria. Abbiamo ricevuto una mail molto interessante sulle due agenzie, che stiamo verificando. Fin quando continueremo ad avere cose documentate da raccontare, lo faremo. La nostra non è ossessione, è semplice voglia di verità. L’appuntamento – al quale certamente non ci sottrarremo – è il 19 maggio alle 15, presso l’Organismo di Mediazione e Conciliazione Forense, nell’aula 10 al seto piano del Palazzo di Giustizia di Bari.