La FAI, federazione delle associazioni antiracket e antiusura, ha presentato in Fiera la Guida al Consumo Critico Antiracket. Un vademecum destinato tanto a commercianti quanto a consumatori. Di seguito, il comunicato di FAI.

La prima associazione antiracket è nata in Sicilia, a Capo d’Orlando nel 1990. Da allora, grazie alla crociata che Tano Grasso ha condotto in tutta Italia, sono 65 le associazioni di imprenditori e commercianti che hanno deciso di combattere la criminalità organizzata lancia in resta, sconfiggendo la paura e denunciando chi estorce, chi impone il pizzo, chi presta soldi a usura e dopo costringe a chiudere un’attività sotto minaccia, con la violenza, in una parola chi è mafioso. La Fiera del Levante ha ospitato alla 78esima Campionaria uno stand del FAI, la federazione delle associazioni antiracket e antiusura, che ha presentato la Guida al Consumo Critico Antiracket, un vademecum destinato a commercianti e piccoli imprenditori, ma anche ai consumatori. Si tratta di uno strumento di comunicazione efficiente per chi ha solo bisogno di uscire allo scoperto e magari non lo fa per paura o poca informazione. Il pizzo, così come l’usura e l’estorsione, non costituiscono un problema solo per chi cede a minacce e decide di pagare: indirettamente, infatti, il consumatore che acquista da un esercizio che si piega alle regole mafiose diventa moralmente complice e di fatto finanziatore di attività criminali.
“È con orgoglio che porto in Fiera per il secondo anno la FAI – è intervenuto alla presentazione della Guida antiracket il presidente della Fiera Ugo Patroni Griffi –, perché il racket non è un fenomeno che interessa solo il piccolo commerciante ma attanaglia sempre più spesso le imprese medio grandi, che per quieto vivere sono vittime della criminalità organizzata, e da qui il fenomeno stabilisce una contiguità e un’affinità che è sotto gli occhi di tutti. Da quando presiedo la Fiera abbiamo operato per adeguare le procedure di acquisto beni e servizi ad un protocollo siglato con la Prefettura di Bari, questo perché non andiamo semplicemente alla ricerca del prezzo più basso e delle migliori professionalità, ma scegliamo imprese corrette e siamo pronti a mandare via quelle che non rispettano la legge”.
Molto accorato l’intervento del vice presidente della Fiera Lorenzo De Santis: “oggi vorrei parlare da imprenditore e vice presidente dell’ANCE (l’associazione nazionale costruttori) Bari-BAT, perché noi abbiamo vissuto e viviamo in prima persona le enormi problematiche legate alla malavita. Insieme all’Arma dei Carabinieri abbiamo avviato un “progetto legalità” che è stato condiviso dai nostri colleghi napoletani, perché negli ultimi anni è cambiato l’approccio che la criminalità ha nei confronti delle imprese, è diventato molto più subdolo del pizzo e dell’estorsione. Nell’ultimo anno nel nostro territorio, grazie al ruolo fondamentale e sinergico di Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri, sono aumentate sensibilmente le denunce da parte di imprenditori, e la collaborazione sempre più proficua con la FAI dà la possibilità alle giovani imprese di conoscere in anticipo il fenomeno e combatterlo nel modo migliore, cioè venendo allo scoperto, denunciando e collaborando”.
In Puglia sono oltre 200 i commercianti e imprenditori che hanno aderito al progetto “Pago chi non paga”, una guida rivolta ai consumatori e agli imprenditori che hanno deciso di combattere l’illegalità partendo dalle piccole ma decisive azioni quotidiane, come quella di dire un forte NO al fenomeno del “pizzo”. Renato de Scisciolo, coordinatore del FAI Puglia, ha illustrato le ultime iniziative per combattere il racket: “apriremo nuove associazioni a Bari, Brindisi e Foggia. Stiamo promuovendo il consumo critico perché sappiamo che c’è una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori, ad esempio oggi sono tutti più attenti all’alimentazione, allora perché non pensarci due volte prima di comprare un prodotto che è stato immesso sul mercato grazie allo sfruttamento mafioso o il cui rivenditore paga il pizzo? Perciò chiediamo a gran voce alla Regione Puglia di varare una legge antiracket”.
Pronta la risposta dell’assessore alla legalità Guglielmo Minervini: “è una fase delicata per il rischio di recrudescenza del fenomeno mafioso. In Capitanata e nel Salento ci sono segnali inquietanti di riorganizzazione delle attività criminali, ma la Regione ha da tempo alzato il livello di guardia per tenere lontani dalle istituzioni e dal mondo delle imprese collegate agli enti pubblici chi opera nell’illegalità. Abbiamo ad esempio combattuto con efficacia il caporalato diffuso nella raccolta dei pomodori, e non ci fermeremo qui”.

Il presidente del FAI Tano Grasso ha fatto una riflessione sulla situazione pugliese: negli ultimi anni è stato fortemente sottovalutato il rischio di infiltrazioni mafiose, perché si pensava che la sconfitta della Sacra Corona Unita che proliferava in Puglia negli anni Novanta avesse risolto il problema una volta per tutte. “Le cose non stanno così – è intervenuto Grasso – e di recente sono stato colpito dalla gravissima situazione della provincia di Foggia, dove per anni qualche istituzione e troppi imprenditori hanno messo la testa sotto la sabbia. Ad esempio di recente non è stata applicata la normativa antimafia a dei soggetti coraggiosamente denunciati da sette commercianti dell’area garganica, il che di certo può scoraggiare chi ha deciso di non accettare più intimidazioni. Io auspico che si ricrei il clima di attenzione e collaborazione che trovai in Puglia agli inizi degli anni Novanta, quando a San Vito dei Normanni dopo 100 attentati dinamitardi di stampo mafioso fondammo la prima associazione antiracket e il fenomeno non si ripeté più”.