Sospeso lo sciopero della fame da parte di una cinquantina di richiedenti asilo pakistani ospiti del C.A.R.A di Bari. Una protesta cominciata mercoledì scorso e interrotta grazie all’imminente annuncio di una manifestazione a Roma, davanti al Viminale, che sarà organizzata molto probabilmente nei prossimi giorni. L’obiettivo è ottenere un faccia a faccia chiarificatore con ministri dell’Interno e dell’Integrazione, Angelino Alfano e Cécile Kyenge. Intendono spiegargli direttamente i motivi che li hanno indotti ad intraprendere una protesta del genere. I migranti, infatti, stanchi di una situazione che si conferma nel tempo, vogliono accendere i riflettori sui continui dinieghi alle loro richieste di protezione internazionale da parte Commissione Territoriale competente, che sostiene non vi siano i requisiti fondamentali per riconoscere loro alcuna forma di “tutela internazionale”. I migranti durante un incontro con alcuni dirigenti dell’Ufficio Territoriale di Governo, tenutosi lo scorso 8 ottobre, avevano presentato diverse richieste scritte. Tra queste, il diritto alla protezione umanitaria, la libertà di movimento, il rilascio di un permesso di soggiorno. Una riunione conclusa con un nulla di fatto. La prefettura, infatti, aveva declinato ogni responsabilità e potere decisionale rispetto alle istanze presentate dai richiedenti pakistani. Per questo motivo gli immigrati avevano deciso di autoconvocarsi in assemblea e cominciare lo sciopero della fame. La mobilitazione, iniziata con un sit in dinnanzi alla Prefettura, si era in seguito spostata all’interno  del C.A.R.A. proprio per sensibilizzare i rappresentanti istituzionali, oltre che l’opinione pubblica, di fronte al momento drammatico che stanno vivendo. La Comunità Pakistani del C.A.R.A. di Bari ritiene che “la libertà di movimento rappresenti la condizione prima e fondamentale per affrontare qualsivoglia discorso sull’immigrazione”. Dura anche la posizione del collettivo Rivoltiamo la Precarietà, a fianco dei pakistani fin dall’inizio di  questa vicenda. “Solo la capacità di aprire conflitti sulla chiusura dei CIE, l’annullamento degli accordi bilaterali, l’abolizione del reato di clandestinità, la cancellazione del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro potrà rendere protagonisti del proprio destino i migranti e le migranti”, si legge in un comunicato diffuso dal movimento.

Gianpietro Occhiofino