Esiste e si sta diffondendo anche tra gli imprenditori cinesi che continuano ad aprire punti vendita, una forma di caporalato occulto che trova la sua espressione nell’obbligare i dipendenti assunti a lavorare molte più ore al giorno rispetto a quelle legalmente dichiarate con una paga ovviamente inferiore a quella che davvero verrebbe percepita,senza il riconoscimento di nemmeno un’ora di straordinario.

Tutto questo poi diventa ancora più deprimente quando si pensa che chi dovrebbe controllare, segnalare, denunciare e multare queste persone, non fa quello per cui viene pagato. Parliamo degli stessi lavoratori, dimenticati dalla legge, dalle istituzioni e alla totale mercé di questi caporali che continuano ad arricchirsi.

Ma c’è anche qualcuno che ha deciso di dire basta, di alzare la voce. Magari anche rischiando, e tanto, pur di far capire a chi governa qual è la situazione di molti precari costretti a lavorare 8-10 o addirittura 12 ore al giorno, a fare sacrifici ma impossibilitati a costruirsi un futuro dignitoso.

Un dipendente di un supermercato ha provato a far arrivare la propria indignazione direttamente al nuovo ministro dello Sviluppo Economico, nonché vicepremier, Luigi Di Maio. Pubblichiamo di seguito la lettera del lavoratore e la risposta del leader del Movimento 5 Stelle.

La lettera

“Le scrivo per farle semplicemente una domanda. Volete davvero combattere il caporalato, ridare Dignità ai lavoratori e creare nuovi posti di lavoro? Se il vostro impegno è reale come io spero, allora cominciate a rintracciare quelle aziende che fanno lavorare quasi 60 ore alla settimana i propri dipendenti a fronte di contratti di 40-24-36-18 ore, senza riconoscere un euro di straordinario.

Ma non fatelo attraverso i canali consueti, non troverete denunce, perché si ha molta paura e poca fiducia nelle istituzioni. Io questa paura la ho, ma ho più fiducia nelle istituzioni e credo nella Legge, e lei e i suoi ministri? Portate in parlamento e sui vostri canali questa situazione, aprite una inchiesta parlamentare e coinvolgete le forze dell’ordine.

Dal canto mio le chiedo solo di rimanere anonimo perché potrei subire sia personalmente gravi conseguenze, ma soprattutto temo per il futuro della mia famiglia. Posso darvi la possibilità e il modo di reperire le prove di quanto affermo, ma lo farò solo se verrò contattato direttamente o da lei o dal Ministro Di Maio o dal Ministro Salvini, nessun intermediario. Risolvere questo problema significherebbe ridare Dignità a noi lavoratori, creare occupazione e combattere il caporalato.

Spero vivamente che la mia richiesta sia da voi presa in considerazione, che mi sia garantito l’anonimato e soprattutto che questa storia finisca nel migliore dei modi. La ringrazio sin da ora per il tempo che mi ha concesso e che spero mi concederà in futuro. Le auguro buon lavoro”.

La risposta del ministro Di Maio

“Questo Governo ritiene doveroso osteggiare il caporalato ed il lavoro nero e al riguardo, il Ministro Di Maio, sta operando alla definizione di una nuova strategia mediante un piano triennale, al fine di contrastare il fenomeno. Tale situazione non è presente solo al Sud ma in tutte le regioni italiane. Si opererà attraverso l’ausilio dell’Arma dei Carabinieri, degli ispettori del lavoro e dei nuovi centri per l’impiego”.

In buona sostanza nessun intervento concreto nell’immediato: “Gli ispettori presenti qui a Bari sono già a conoscenza di quanto affermo e non credo che possano fare meglio di quanto fatto finora – ha scritto in una ulteriore lettera il lavoratore – Credo invece necessaria una immediata azione che faccia comprendere che quanto fatto finora deve terminare, mi spiace ma non mi aspettavo un rimando della questione da parte vostra.  Sto rischiando molto scrivendovi ,rischio davvero tantissimo e nonostante questo lei mi sta rinviando a data da destinarsi”.