La “bufala” dei clown assassini o rapitori ha raggiunto gradi di psicosi collettiva davvero inquietante. Va detto che questa storia parte da lontano, nel tempo e nello spazio, e che ce ne sono state tracce anche in Francia e, praticamente, in tutta Italia.

La questione gira attorno a un tris di elementi comuni: i bambini, alcuni individui “con la maschera da clown” o “truccati da clown” e un furgoncino (a volte bianco, a volte nero, a volte marrone scuro). Presi da soli, sembrano scaglie impazzite di vicende autentiche: i piccoli che sono scomparsi nel nulla (ma che rarissimamente è stato possibile attribuire a veri rapimenti, e mai, ripeto mai, a “zingari” o assimilabili), il travisamento inquietante che viene a volte usato per compiere vere rapine (spesso con armi giocattolo), il mezzo di trasporto abbastanza grosso da nasconderci qualcuno dentro (e anche qui ringraziamo la televisione che ci ammannisce a ogni ora storie noir in tutte le salse).

Messi insieme, nasce la psicosi: vanno in giro due o tre tizi mascherati o truccati da clown, si appostano di solito (di mattina!!) vicino alle scuole, con un furgoncino. Si avvicinano a un bambino isolato, tentano di portarlo via, il piccolo si dimena e corre a chiedere aiuto. Di solito arrivano i carabinieri e ovviamente non c’è traccia dei clown e dei loro camioncini. Immaginatevi una scuola al mattino: è un autentico caos di bambini o ragazzi e numerosissimi genitori, di solito automuniti e sicuramente connessi con cellulare al resto del mondo.  Tentare un rapimento mescherati vistosamente è da imbecilli burloni, non da pericolosi assassini.

Eppure questa bufala circola così. E si arricchisce e monta come panna. E si estende e prende sfumature impensate. Insomma, tira ed è diventata fertile terreno per gli spacciatori di bufale che abbondano sulla rete, come una volta vegetavano nei brutti giornali di carta che si leggevano dal parrucchiere (a volte si leggono ancora) o dal barbiere (insieme a qualche rivistina osé).

E, ovviamente nessuno ha mai visto davvero niente, non esistono foto vere, testimonianze vere, perchè i verbali dei carabinieri tracciano un desolante, ma rassicurante, panorama confuso di non so, non ricordo, veramente non sono sicuro. Ma gli irresponsabili direttori di certe brutte versioni in rete di giornali, dove si scrivono anche  nomi e i cognomi di un suicida o si pubblica la foto della pantofola abbandonata per strada di una poveretta che si è buttata dal balcone pur di fare “contatti”, si inventano la “lettera della piccola (e mettono un nome qualunque) che ci racconta delle sue paure” . E la piccola, invece di andare con mamma e papà dai Carabinieri (o dallo psicologo viste le turbe di cui soffre) racconta al giornale che “questi brutti signori mi hanno minacciata e mi hanno detto che ci verranno a prendere e ci ammazzeranno tutti”.

E come se non bastasse, questo “giornale” (ci perdonino i giornali veri e i i veri giornalisti) pubblica a corredo una foto che, messa in quel contesto, diventa la prova evidente che questi clown esistono davvero, eccoli ve li facciamo pure vedere (nessuna didascalia spiega che quella foto è russa, risale al febbraio 1914, mostra tre tizi con una maschera bianca che stanno facendo qualcosa vicino a un furgone bianco, con una targa palesemente straniera e nelle vicinanze di cassonetti che in Puglia nessuno ha mai visto: insomma un fake, come usa dire adesso, un falso. Perchè anche una foto “vera” usata per avvalorare una bufala diventa un falso).

Insomma, roba da denuncia a tutte le authority  possibili e disponibili e forse anche all’Ordine dei Giornalisti. Perchè fra questa criminale costruzione del panico e il mostrare il cadavere vero di una povera ragazza inglese assassinata in Umbria, eticamente e professionalmente parlando, non c’è alcuna differenza.

E infine: la paura dei clown è riconosciuta come patologia insieme alla paura per le bambole: una fobia che a volte persiste anche in età adulta. E quanto sia diffusa in occidente, ce lo dicono i film e i libri “gialli” o del terrore a lei dedicati. A cominciare da lui It, di Stephen King. Un capolavoro che va ben oltre la maschera da clown del protagonista terribile e spietato che la indossa.