Dalla bancarotta della società Icon Immobiliare di Noci al riciclaggio di diversi milioni di euro in Sloane Avenue, un fondo su cui ha investito il Vaticano per comprare il famoso palazzo londinese, ex magazzino di Harrods, finito al centro dello scandalo. C’è un filo invisibile che lega Bari, Roma e Londra nell’inchiesta della Procura del capoluogo che potrebbe far finire di nuovo in tribunale l’imprenditore Vito Fusillo, gli ex vertici della Banca Popolare di Bari e anche Raffaele Mincione, finanziere italiano da anni trapiantato nella City, regista dell’operazione che tra il 2014 e il 2018 portò la Santa sede ad acquistare l’edificio in Sloane Avenue.

Gli indagati

Il primo è Vito Fusillo, amministratore delegato di Maiora e socio unico di Immobil Icon. Con lui ci sono Nicola Valerio Lamanna e Vincenzo Trono, che della Icon sono stati amministratori; Marco e Gianluca Jacobini, all’epoca dei fatti rispettivamente presidente e vicedirettore della Popolare di Bari; Gregorio Monachino, vicedirettore e responsabile della Direzione crediti; Nicola Loperfido, responsabile Direzione imprese; l’imprenditore Girolamo Stabile, che nella vicenda Icon starebbe stato l’intermediario tra Fusillo e alcuni fondi; Massimo Catizone, legale rappresentante della Athena capital, e Raffaele Mincione, ritenuto l’amministratore di fatto della stessa società. I primi otto sono indagati per bancarotta fraudolenta, nell’ambito delle indagini condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza (guidato dal colonnello Luca Cioffi) e coordinate dal pm Lanfranco Marazia e dal procuratore Roberto Rossi. Mincione e Catizone devono rispondere invece di riciclaggio.

Le accuse

Sono complicate e nate dagli approfondimenti svolti dai consulenti della Procura sulla Icon, dichiarata fallita dal tribunale nel novembre del 2019. La società era controllata da Maiora, anch’essa fallita pochi mesi prima e protagonista di una precedente indagine al termine della quale Fusillo e altre 13 persone sono già finite sotto processo. Le operazioni di svuotamento delle società di quella galassia imprenditoriale sarebbero state sistematiche, così come i passaggi di milioni di euro dall’una all’altra. L’obiettivo -contestano oggi i pm – era ridurre l’esposizione debitoria del gruppo nocese nei confronti della Banca Popolare di Bari.

Il rapporto Fusillo-Jacobini

Era strettissimo, come ha ammesso l’imprenditore nei suoi interrogatori. Ogni fine settimana Fusillo e Jacobini senior passavano del tempo insieme. Il gruppo di Noci era uno fra i più importanti clienti dell’istituto. Al quale bisognava erogare costante liquidità, sostengono i pm, ovvero Marco e Gianluca Jacobini “gestivano di fatto gli affidamenti a Fusillo facendo valere la propria influenza dominante sugli organi istruttori e deliberanti della Banca Popolare di Bari“. In tale prospettiva si sarebbero avvalsi dell’aiuto di Monachino e Loperfido, i quali pianificavano le condizioni di erogazione del credito e di rientro dall’esposizione debitoria con le società affidatarie.

La Icon Immobiliare

Era la proprietaria degli immobili di Milano affittati alla Coin e in cui era allocata la Upim, per i quali il leasing da 11 milioni è stato ceduto alla società Sorgente. La liquidità è stata quindi girata alla controllante Maiora, che già all’epoca aveva una forte esposizione debitoria con la Banca Popolare. I pm nell’avviso di conclusione delle indagini parlano di «distrazione» e lo stesso fanno in relazione alle quote di partecipazione al “Fondo Tiziano Donatello comparto San Nicola”, acquisite a 3,8 milioni e cedute a 3,1. Anche in quel caso la somma è finita nella cassaforte di Maiora e da essa utilizzata per ripianare il debito con Popolare Bari. Nelle complicate operazioni di cessione di quote dal fondo Tiziano al fondo Athena un ruolo fondamentale sarebbe stato svolto da Girolamo Stabile, che si sarebbe adoperato quale intermediario «sulla scorta di pregressi affari con il gruppo Fusillo».

Il riciclaggio

Il fondo Athena Capital Fund Sicav – riconducibile a Mincione – ha acquistato 9 quote del Fondo Tiziano dalla Icon al prezzo di 3,1 milioni di euro. Tali quote, secondo la Procura, sono provento di bancarotta e quindi il loro utilizzo concretizzerebbe il reato di riciclaggio. Le stesse quote sono poi passate da una società all’altra della galassia Mincione fino ad arrivare al fondo Athena comparto Global Opportunities Fund (Gof). L’ultimo trasferimento sarebbe avvenuto nel febbraio 2018 e per farlo sarebbe stata utilizzata parte della liquidità derivante dall’Obolo di San Pietro – ipotizzano i pm baresi – ovvero quello che il Vaticano avrebbe messo nel Fondo per comprare il palazzo di Londra. Che poi è stato rivenduto dalla Santa sede dopo che è scoppiato lo scandalo.