Questa mattina, 11 novembre, sono stati eseguiti 5 arresti nel foggiano (due soggetti in carcere, uno agli arresti domiciliari e due sottoposti all’obbligo di dimora) dai Carabinieri della Compagnia di San Severo e del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro Nil di Foggia. I reati riguardano l’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa. L’operazione anti-caporalato, denominata “Job&Pay”, ha portato al sequestro di alcune sedi operative, beni mobili e immobili registrati e al controllo giudiziario di 4 aziende agricole.

L’attività di indagine sarebbe scattata a seguito di un sinistro stradale avvenuto nell’ottobre 2020, in cui era stato coinvolto un furgone con a bordo 5 braccianti agricoli di origine africana. I reati infatti, sono stati accertati nel periodo da ottobre 2020 a novembre 2021, precisamente nelle zone di San Paolo Civitate, Lesina, Chieuti, Serracapriola, San Severo e Poggio Imperiale. Le intercettazioni telefoniche e le attività di osservazione e pedinamento hanno permesso di ritrovare e porre sotto sequestro varia documentazione per ricostruire l’intera vicenda. È stato sventato un sistema di utilizzo e sfruttamento della manodopera (prettamente di origine africana) senza alcun tipo di legalità in materia di sicurezza sul lavoro.

I datori di lavoro si affidavano ad un “caporale”, di origini senegalesi, per il reclutamento di personale, approfittando della situazione precaria e dello stato di bisogno in cui si trovavano. Questo caporale, oltre a fare da tramite in queste aziende, si occupava anche delle assunzioni di quest’ultimi, del trasporto e della sorveglianza dei braccianti, i quali dovevano sottostare a condizioni lavorative poco dignitose. Ogni bracciante infatti, lavorava percependo fino a un massimo di 4 euro l’ora o per ogni cassone di pomodori raccolto. Si lavorava anche per 11 ore consecutive, senza riposi settimanali e in molti casi i lavoratori dormivano in dormitori disposti dalle aziende: enormi capannoni in cui i servizi igienici erano praticamente inesistenti. Non avevano ricevuto nessun tipo di formazione e non erano stati forniti loro nemmeno dispositivi di protezione o adeguati al lavoro da svolgere. Il “caporale” senegalese, invece, oltre ad essere normalmente assunto in una delle aziende colpite, oltre a percepire lo stipendio sottraeva per ogni bracciante 0,50 euro per ogni cassone raccolto, in più una somma di 5 euro per il trasporto dalla dimora ai luoghi di lavoro.

Sono stati infine sequestrati beni per un valore di circa 3 milioni di euro ed è stato effettuato un controllo giudiziario di ben 4 aziende agricole che possedevano un fatturato annuo di circa 1 milione di euro.