In questo modo cercano di pagare i ricorsi presentati dai loro avvocati contro i dinieghi alle domande di protezione internazionale. Mediamente si tratta di quattrocento euro per ogni pratica. Compaiono la sera. Il colore della pelle li rende quasi invisibili agli occhi degli automobilisti. Si corre il rischio di investirli con l’automobile perché mimetizzati nell’oscurità.

I migranti sperano così di ottenere, con la seconda istanza, il parere favorevole della Commissione Territoriale che decide in merito alle loro richieste di asilo politico. L’ennesima vergogna a scapito della povera gente. Pakistani, togolesi, ghanesi, arabi, camminano ai bordi delle strade, così come ai margini della nostra società. Li abbiamo incontrati, intervistati, ripresi.

Intimoriti ci hanno confessato che “vanno con gli italiani” per pagare il proprio legale, ma anche per mandare qualche spicciolo a casa. Sono ventenni, tutti richiedenti asilo, hanno macinato migliaia di chilometri per raggiungere il nostro Paese. Sulle spalle portano un passato di grandi sofferenze.

I loro clienti, per la maggior parte baresi, in cambio di pochissimo denaro chiedono prestazioni sessuali indicibili. Una violenza senza fine. Fuggono da scenari di guerra civile, dittature militari, fanatismo religioso per poi finire nella trappola dello sfruttamento sessuale. Ci hanno chiesto un disperato aiuto in termini di lavoro e casa. Questo sognano. Vorrebbero dire basta a questo schifo, ma ormai stremati si abbandonano al destino grigio che li accompagna da tempo.

Non conoscono il termine in italiano per definire “l’attività” che svolgono. Prostituirsi, rispondiamo loro. Una quarantina di immigrati del Cara, ormai da diverso tempo, fanno questo per sperare in un futuro migliore. Un avvenire che si chiama permesso di soggiorno in regola. Li trovi dalle 21 della sera alle 4.30 del mattino circa. “A quell’ora poi rientriamo nel campo”. Sette-otto ore al giorno per guadagnare 20 miseri euro.

Per chi li sfrutta, però, una gran convenienza. I nomi dei “legali di fiducia”, cui affidare la loro sorte, in cambio di 400-500 euro, sono forniti dai loro amici connazionali. Siamo consapevoli del fatto che sono pochi gli avvocati in città a non farsi scrupoli. A non chiedersi, ad esempio, e verrebbe naturale, da dove provengono i loro compensi, visto che i richiedenti asilo, in attesa di audizione davanti alla Commissione, per i primi sei mesi dal loro ingresso non possono svolgere alcuna attività lavorativa.

E le persone che abbiamo incontrato per strada rientrano tutte in questa categoria. Ci domandiamo, ancora, come sia mai possibile che lo stesso ente gestore del Cara di Bari-Palese non informi i propri “ospiti” della possibilità, riconosciutagli dalla legge, di rivolgersi ai legali iscritti nelle liste del gratuito patrocinio. Noi lo abbiamo fatto nel corso della nostra intervista. Ma questo non basta.

Tanto c’è ancora da fare per dare a questi uomini un’esistenza dignitosa, per aiutarli a costruirsi una nuova vita. Libera, finalmente, da tutte le forme di schiavitù.

17.12.2012

Gianpietro Occhiofino