Una presunta amicizia tra Patrizia Vendola, sorella del governatore, e Susanna De Felice, che il 31 ottobre scorso ha assolto il presidente di Regione dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio, secondo i pm , avrebbe dovuto spingere il gup di Bari ad astenersi dal giudizio. Vero? Falso?, non lo sappiamo. Il punto è che i due magistrati hanno espresso questa perplessità in una lettera-esposto definita da più parti “assolutamente irrituale”.

Il presidente del Tribunale di Bari, Vito Savino ha commentato:

«Nel caso in cui ci fossero stati gli estremi o dubbi sulla terzietà del giudice, i pm avrebbero dovuto e potuto farlo prima, e non dopo l’assoluzione. Il diritto è buon senso e logica, che in questo caso sono mancate». E ha concluso domandandosi: «Nel caso in cui il presidente Vendola fosse stato condannato, quella lettera sarebbe stata scritta?»

Critiche molto dure sono giunte anche dall’Anm (Associazione Nazionale Magistarti), che ha cassato la lettera in quanto si porrebbe “in violazione di ogni regola processuale oltre che dei canoni di lealtà che devono presidiare la condotta delle parti all’interno del processo”. Lo stesso presidente dell’Anm, Salvatore Casciaro ha espresso solidarietà nei confronti della collega De Felice, bollando la lettera dei pm come grave e del tutto fuori dai canoni istituzionali.

Questo è quanto “nel Diritto”. Ma “nel Fatto”? La stessa De Felice, in una missiva inviata a Antonio Diella, presidente facente funzione della sezione gip, aveva a ammesso di aver incontrato Patrizia a casa di conoscenti, ma di non essere né sua amica né una frequentatrice abituale. La De Felice avrebbe incontrato la Vendola in più occasioni, durante diverse cene, una delle quali organizzata proprio dalla collega-accusatrice Di Geronimo.

15 novembre 2012

Pasquale Amoruso