Il Duke Jazz Club – Il Pentagramma in via Giannone 16/B a Bari ospita una tappa del tour di presentazione di “In & out the wild side”, esordio discografico del progetto “Louize & The Rickety Family”, prodotto dall’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD e nei migliori store on line da Believe. L’ensemble guidato dalla cantante, autrice e compositrice pugliese Luisa Tucciariello si sta esibendo, infatti, in alcuni concerti in Italia e all’estero grazie alla Programmazione Puglia Sounds Tour Italia 2023 della Regione Puglia – FSC 2014/2020 (Patto per la Puglia – Interventi per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e per la promozione del patrimonio immateriale). Dopo i primi tre appuntamenti in Puglia (Maglie, Lecce e Bari), il tour passerà dal Rosetta Jazz Club di Matera (12 febbraio) prima di approdare a Gorizia (6 aprile), Lubiana (7 aprile), Trieste (8 aprile) e Londra (1 e 2 maggio). Nei live Luisa Tucciariello è affiancata da Alessandro Corvaglia (sax), Nicolò Petrafesa (piano), Michele Ciccimarra (batteria) e Antonio Vantaggiato (contrabbasso). In scaletta i brani del disco – 7 inediti (“Esperame”, “TèMaRocchino”, “Utopia”, “Molly”, “Progression”, “Two Little Children”, “In & Out the Wild Side”) e la riproposizione di “What is This Thing Called Love?” di Cole Porter – e altri standard.

«Che una band di giovani jazzisti italiani sappia esprimersi con tanta maturità stilistica, e con una simile personalità espressiva, è forse il segno di questo tempo fertile e ricco per il nostro stivale. Che una giovane e talentuosa personalità artistica come Luisa Tucciariello sia capace di pensare musica così speciale e nuova con ingredienti così nuovi e antichi al tempo stesso è, invece, una rarissima circostanza, in Italia e non solo», sottolinea il critico e storico musicale Vincenzo Martorella nelle note di copertina del cd dedicato alla memoria del compianto pianista e compositore Gianni Lenoci.

«Nella nostra lingua non abbiamo gli strumenti lessicali per poter tradurre in parole le emozioni che la musica suscita in chi l’ascolta; né per provare a descrivere un tipo di suono, una particolare sfumatura vocale, e così via. Per questo, il critico musicale fa largo ricorso all’uso di aggettivi, il che può essere la classica arma a doppio taglio», prosegue Martorella. «Spesso, se ne usano di mirabolanti, di fantasiosi; nulla di male, se non fosse che spesso, a leggerli è difficile capire in che relazione siano con la musica cui si attaccano. Pensate all’aggettivo “scintillante”. Abbiamo letto di assoli di chitarra scintillanti miliardi di volte, ma cos’è che rende un assolo più o meno scintillante? Quando un assolo non lo è? Da dove viene la luce, lo scintillìo? Definire il disco che avete tra le mani, o la musica che in esso è contenuta, usando un solo aggettivo è impresa disperata. Molte le variabili in gioco, molto lo stupore che si prova attraversandolo, traccia dopo traccia. Potrebbe essere “sorprendente”, certo. Ma non solo, perché ogni piccola traiettoria apre paesaggi nuovi, ogni singolo pensiero (e ce ne sono migliaia) sembra nascere per germinazione spontanea dal precedente, creando così un sapere caleidoscopico, una brillantezza luminescente che si spande dietro (e davanti) ogni nota», continua il critico. «Vuoi vedere, allora, che l’aggettivo adatto è proprio “scintillante”? Da dove viene, dunque, lo scintillìo? Innanzitutto, da un impianto sonoro dentro il quale far muovere le idee, i suoni e i ritmi come pedine di un risiko dell’anima, in cui gli spazi non si occupano ma si controllano, in cui la strategia non è vincere, ma abbandonarsi al piacere del canto, del gesto – timido o spavaldo che sia –, del rischio. Louize e la sua sgangherata famiglia (il cui strumentario, per l’occasione, ospita anche strumenti ad arco) sono un collettivo vero, rodato, che vive e respira musica all’unisono, e proprio per questo ha saputo forgiare un suono proprio, riconoscibile e fresco, che allude a tutto e a niente, dentro il quale si agitano influenze molteplici che però vengono filtrate alla luce di una irriducibile originalità. Se proprio si dovesse rintracciare una derivazione, una discendenza, soprattutto in termini di orizzonti e consapevolezza, non potrebbe che essere quella di Gianni Lenoci, una delle menti più geniali, e compiante, del nostro tempo. Proprio ragionando sugli spazi, sui tempi, sulle sonorità, questa musica esplora un versante diverso e pieno di promesse, sperimentando forme e vuoti, lavorando su ritmi e armonie, così come sulla loro assenza», va avanti nella sua disanima Martorelli.
«Un affresco emozionale, nel quale il rischio, il gioco, l’alea e la poesia abitano con le stesse credenziali. Proprio questo intrecciarsi vorticoso dà sostanza e fascino a una scaletta frattale, a geometria variabile, fatta di brani intensi come diamanti, dall’iniziale, e bellissima, Esperame, a Two Little Children, una pagina di pura poesia. Per finire con In & Out The Wild Side, che nelle parole di Luisa Tucciariello si poggia, come l’intero progetto, “su quel limite delicato ed affascinante della contraddizione”. E sulla voglia, mia ma anche dei miei compagni di viaggio, di contemplare tutto ciò che sta all’interno di determinati schemi, modelli, repertori e stili, ma con gli occhi di chi ha vissuto e sperimentato la zona selvaggia nella vita come nella musica”».