È uscito per NOS Records/Believe “Il bisonte”, il folgorante LP d’esordio di Vittorio Nacci, un piccolo capolavoro sincero ed emozionante. Canzone d’autore intrisa di rock per il musicista pugliese che riflette sul rapporto tra massa e individualità.

Sono riflessioni esistenziali e culturali importanti, quelle che Vittorio Nacci propone nelle dieci canzoni che compongono Il Bisonte, il suo album d’esordio da solista per NOS Records. Il musicista pugliese, dopo tanti anni di esperienza nella band iohosemprevoglia, sceglie la solitudine per cominciare un nuovo percorso artistico: questa dimensione solitaria è il filo conduttore del nuovo disco, anticipato dai due singoli Il bisonte e Stai qua.

Come sottolinea l’artista, il pezzo che dà il titolo all’album e che sintetizza umori e orizzonti dell’opera «è una riflessione per immagini sull’importanza delle solitudini utili, portatrici di grandi consapevolezze». L’estetica musicale del Bisonte segue infatti una palette emozionale, cromatica nella copertina, che si concede agli ascoltatori traccia dopo traccia. Una mappa umano/sonica. A questo si aggiungono i suoi grandi amori musicali, indicativi della sua provenienza e dei suoi orizzonti: «Ho ascoltato moltissimo Twain. Progetto sconosciuto nel nostro territorio e che consiglio enormemente. Soprattutto i dischi Rare Feelings e Noon. Ma anche Fleet Foxes e Kurt Vile. Nella mia genetica italica invece prevalgono Flavio Giurato, Lucio Battisti, ma anche gli Alunni del sole».

«Tra la mandria e la solitudine, un circolo con due apici. Sono i grandi bisogni ma anche i grandi tormenti dell’uomo (di oggi, di ieri e ancora di più di domani). Cerchiamo gli altri, li portiamo in noi, con noi nel viaggio, ma sentiamo sempre una enorme attrazione verso alcune solitudini ristoratrici. Come se ci servisse di spegnerci, per ricaricare la nostra socialità. Questo aspetto, inutile dirlo, è stato calcato dall’avvenimento pandemico. Quanto ci ha tolto, ma quanto ha insegnato a chi ha voluto o saputo leggersi?»