Caso Gaetano Filograno a Bari

Dopo che nella giornata di ieri si è tenuta la prima udienza preliminare, rinviata al 25 settembre, nel capoluogo pugliese i nomi degli avvocati Gaetano Filograno e Nicola Loprieno stanno facendo il giro della città. Dopo più di un decennio di indagini, quella che sembrerebbe essere la trama della vendetta di Filograno ha iniziato a venire alla luce, mettendo allo scoperto anche i presunti complici che lo avrebbero coadiuvato. Oltre al collega Loprieno e all’ormai ex finanziere Cipolla, non è ancora stato identificato un’altra persona che sarebbe stata incaricata di inserire l’involucro di cocaina nella comune Smart di un imprenditore di Gioia del Colle, colpevole di nulla, se non di essersi frequentato con la ex moglie di Filograno.

Quest’ultimo era già una figura nota a Bari, non solo per il suo lavoro come professionista legale – e il paradosso non può non saltare allo sguardo, considerando le gravi accuse di cui è ora imputato – ma anche per la sua corsa al ruolo di primo cittadino, compromessa ancora prima di essere formalizzata. Di fatti, oltre a essere avvocato civilista e docente di Diritto privato alla Lum (Libera Università Mediterranea), Filograno in passato aveva operato anche in politica, risultando molto vicino al Movimento 5 stelle e all’ex Ministro degli Esteri Luigi di Maio. Alla luce del suo spessore all’interno della cittadinanza, la figura dell’avvocato era stata presa in considerazione dalla coalizione di centrodestra per una candidatura strategica come sindaco, al fine di strappare la città al centrosinistra. Candidatura quanto mai complicata, visto che Filograno è al momento indagato per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, senza contare l’inevitabile rivalutazione della sua integrità come uomo e cittadino, alla luce di quanto dichiarato dall’imprenditore preso da lui di mira.

Quest’ultimo, infatti, ha riportato alle autorità giudiziarie dettagli degni di un film di spionaggio. Un piano criminale organizzato nei minimi particolari per spaventarlo e farlo cadere nella rete dell’illegalità. Appostamenti, telefonate continue, pedinamenti, minacce rivolte sia a lui che alla figlia, tanto che pare che un giorno i finanzieri – complici dell’avvocato – lo abbiano appositamente fermato mentre stava andando a prenderla per portarla a pranzo. Lo stesso Filograno avrebbe personalmente avvertito l’imprenditore di chiudere immediatamente la frequentazione con la sue ex moglie, precisando che sapeva che aveva una figlia e conosceva il suo indirizzo. Messaggio inequivocabile per fargli capire che “rischiava grosso”. Poi le dosi di cocaina nell’automobile. Quasi da manuale.

Le anomalie erano già state notate nel 2017, dalla giudice monocratica Anna Perrelli, che aveva pienamente assolto l’indagato. All’interno della sentenza appariva anche la testimonianza della ex moglie di Filograno, “assolutamente concorde e combaciante con quella dell’imputato”. Dall’ascolto della donna era emerso come anche lei fosse stata oggetto di vessazioni da parte dell’ex marito, rese ancora più preoccupanti dal fatto che l’uomo aveva conoscenze potenti tra le Forze dell’Ordine – e a quanto pare intimoriva la donna dicendo di non avere alcuna riserva nell’utilizzarle per tenerla sotto controllo, anche mediante la violazione della sua utenza telefonica. Non è tutto: Filograno l’avrebbe altresì accusata di non essere in grado di provvedere all’educazione dei figli, a causa di presunte pessime frequentazioni, talmente poco raccomandabili da dimostrare che anche lei “era diventata una tossica”. 

Troppe stranezze, troppo astio malcelato forse, in ogni caso abbastanza elementi, sommati tra loro, da portare al processo contro Filograno, Loprieno e Cipolla. Lunedì 25 settembre a Bari sarà discusso il rito abbreviato, successivamente si attenderà la decisione del giudice.