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La Corte di Appello di Bari, pur riducendo la pena da un anno e 10 mesi a 8 mesi di reclusione, ha confermato l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna del 51enne A.M. per il reato di stalking, secondo l’articolo 612bis del c.p. per i così detti atti persecutori commessi nei confronti della ex compagna, originaria di Adelfia. La donna, insieme all’associazione Gens nova onlus presieduta dall’avvocato Antonio La Scala, si era costituita parte civile; sia alla vittima che a Gens nova, al fianco della poveretta sin dalla prima denuncia, il Tribunale ha riconosciuto il risarcimento dei danni.

L’imputato, che era già stato processato e condannato in primo grado, aveva a suo carico una prima condanna per stalking verso la stessa ex compagna; una volta revocatagli la misura cautelare del divieto di avvicinamento però, ha ripreso le condotte moleste e persecutorie. L’uomo non voleva rassegnarsi alla fine della loro relazione.

In una occasione ha lasciato sulla macchina della donna, parcheggiata in strada a Bari, un mazzo di fiori e un bigliettino; in un’altra circostanza, pur invitato ad allontanarsi, si è seduto allo stesso tavolino del bar ad Adelfia, dove la vittima si trovava, per cercare di convincerla a tornare insieme, rendendole anche difficile entrare in macchina quando ha manifestato l’intenzione di andar via.

Più volte l’uomo si è fatto trovare all’uscita dal luogo di lavoro della donna, in centro a Bari, seguendola sino alla fermata del bus, in largo Ciaia, fino a quando la vittima saliva sul mezzo pubblico, sempre per cercare di farla desistere di suoi propositi. Al rifiuto opposto, una volta si è fatto trovare alla discesa dell’autobus con un vassoio di dolci, per cercare di convincerla a parlargli.

Una mattina la donna ha trovato un biglietto e un regalo sul davanzale della finestra di casa, tre giorni dopo si è fatto trovare con la sua auto davanti alla scuola frequentata dalla nipotina della donna. Oltre a manifestarsi di persona, l’uomo ha inviato più volte messaggi sul nuovo numero della vittima, avuto chissà in che modo dopo che la donna ha cambiato utenza.

Il 51enne, come scritto dalla Corte d’Appello, era “grandemente frustrato per la fine di una storia ritenuta importate, non si rassegnava. Tra offese proferite in pubblico, minacce a telefono, ingiurie e quant’altro, ingenerava nella donna uno stato di ansia e paura per la propria incolumità, costringendola a cambiare abitudini di vita”.

Un inferno di episodi che si sono susseguiti nell’arco di poche settimane, all’inizio del 2018; l’uomo ha dunque messo in atto una serie ripetuta di atti persecutori, fino a costringere la donna a cambiare stile di vita per tentare di sfuggirli, cosa purtroppo risultata vana. Se da una parte è vero che la Corte di Appello ha ridotto la condanna, è per fortuna vero che non ha sospeso la pena.