Sara (nome di fantasia), è una ragazzina di 11 anni affetta dalla nascita da rachitismo ipofosfatemico, definito anche ipofosfatemia legata all’X. Più semplicemente una malattia ereditaria che alterando il metabolismo delle ossa dei bambini non ne permette la normale crescita e le rende così fragili da provocare fratture spontanee.

Un calvario fisico e psicologico che i piccoli pazienti e le loro famiglie devono affrontare tra mille difficoltà: in primis la difficoltà di una diagnosi corretta e poi ricoveri, controlli e, infine, le terapie. Nel caso di una malattia rara tutto diventa più complicato: l’approvvigionamento dei farmaci, le procedure burocratiche e le spese. Insomma, un Moloch che spesso fa più male del morbo stesso.

I genitori di Sara, da tempo in contatto con il dottor Francesco Papappicco, medico del 118 e reumatologo che ha preso a cuore il caso, raccontano la vicenda della piccola seguita presso l’ospedaletto Giovanni XXIII di Bari. Una parte dei farmaci prescritti viene fornita dalla ASL. Uno di questi, però, il Reducto-spezial viene prodotto in Germania. Da circa un anno si sta tentando di arruolare la piccola Sara in un protocollo sperimentale con un nuovo farmaco messo a punto in Giappone, in collaborazione con USA e Regno Unito.

Si tratta del “burosumab”, cosiddetto medicinale biotecnologico targettizzato, che sarebbe in grado di bloccare la malattia. La Commissione Europea ha autorizzato l’immissione in commercio condizionata del farmaco burosumab (nome commerciale Crysvita) per il trattamento del rachitismo ipofosfatemico legato all’X (o ipofosfatemia legata all’X, XLH), con evidenza radiografica di malattia ossea nei bambini di almeno 1 anno di età e negli adolescenti con scheletro in crescita.

Come si evince dal sito dell’OMAR, il burosumab è stato approvato anche dall’Unione Europea. Sara, non è la sola ragazzina affetta da XLH in Puglia. Sarebbe però la prima a poter curare il rachitismo ipofosfatemico col nuovo medicinale. L’iter si è tuttavia arenato nelle secche della burocrazia.

Il papà sostiene che l’ARESS gli ha comunicato un PIN di registrazione sull’elenco regionale dei pazienti affetti da malattie rare, ma anche questo primo step risulta poco chiaro. Un primo passo che in ogni caso non permette di avviare ancora la prescrizione del burosumab per sua figlia. Continueremo a seguire questa vicenda e a raccogliere testimonianze sperando che chi di competenza si adoperi per risolverla al più presto e nel migliore dei modi l’ennesimo intoppo burocratico, evitando ulteriori devastanti perdite di tempo.