I trattamenti antineoplastici possono determinare tossicità vascolare, arteriosa e venosa, complicando il percorso terapeutico globale del paziente oncologico ed ematologico. Il paziente oncologico però durante la terapia, soprattutto durante quella anticoagulante, può incorrere nel rischio sia tromboembolico che emorragico.

Lo scopo del convegno medico multidisciplinare, svolto oggi all’Istituto tumori Giovanni Paolo II col nome Patologia venosa e arteriosa nel paziente oncoematologico, è stato quello di sottolineare come le neoplasie e le terapie antitumorali possano coinvolgere in una spirale insidiosa i vasi venosi ed arteriosi quasi come “la serpenta tentatrice”, conducendo il paziente oncologico ed ematologico ad affrontare morbidità importanti.

“Oltre alla progressione della malattia, la seconda causa di morte del paziente oncologico è il tromboembolismo – sottolinea la dottoressa Agnese Maria Fioretti -. Con i nuovi farmaci anticoagulanti, più facili da assumere, si può aggirare questo problema”

“I farmaci biologici sono un grande passo avanti nella medicina oncologica , ma comunque rivolti solo ai pazienti con lesioni specifiche – aggiunge la professoressa Anna Falanga, esperta nel campo delle emostati e trombosi nel paziente oncologico -. Per quanto riguarda questi nuovi farmaci c’è una tossicità a livello vascolare in grado di interferire col sistema della coagulazione del sangue”.