Torniamo sulla vicenda dell’immigrato rinvenuto in coma etilico al Cara, lo scorso 31 ottobre. di seguito, pubblichiamo il resoconto inviatoci dal medico della struttura, sui fatti di quella notte.

“Intorno alle 21:30 del 31/10/2015 la Medicheria del CARA venne allertata della presenza di una persona che giaceva ubriaca in un’aiuola. Decisi di inviare sul luogo un infermiere insieme all’autista soccorritore per verificare l’accaduto. Dopo qualche minuto l’infermiere mi informò che si trattava di un immigrato in evidente stato di ubriachezza, che dormiva sotto una coperta in un’aiuola prospicente la recinzione perimetrale. Riferí il russamento e la presenza di residui di cibo vomitato, ma anche che non rispondeva agli stimoli verbali e dolorifici. Alcuni ospiti sopraggiunti, gli avevano riferito che non si trattava di un ospite del campo e che per questo motivo dormiva all’aperto. Gli dissi di condurlo in medicheria, ma l’infermiere riferí che non poteva farlo poiché mancava l’ambulanza, ancora in assistenza presso un’officina meccanica. Decisi di chiamare un’ambulanza del 118 e mi recai sul posto. Verificai esattamente quanto riferito dall’infermiere e rilevai i parametri vitali, risultati nella norma. L’uomo compiva movimenti del tronco e delle braccia e presentava conati, ma non rispondeva agli stimoli verbali e dolorifici. Essendo impossibilitata a prestargli altra assistenza, lasciai l’uomo coperto ed in compagnia di alcuni ospiti del CARA e mi avviai verso i militari all’ingresso per informarli di inviare subito l’ambulanza del 118 verso il luogo in cui si trovava quell’uomo. Mentre mi dirigevo verso la medicheria, dove avevo lasciato l’infermiere ed ospiti bisognosi di assistenza, guardai verso l’ingresso e notai l’ambulanza del 118 che stava per entrare nel CARA. Mi tranquillizzai e feci rientro in medicheria.
Dopo circa 10 minuti sentimmo bussare ed aprendo la porta ci ritrovammo davanti l’ambulanza del 118 ed un autista che chiedeva chi fosse il medico. Mi presentai ed in quel momento uno dei due sanitari che erano all’interno dell’ambulanza insieme al paziente, mi chiese notizie. Avrei voluto riferire quanto sin qui scritto, ma appena mi sentì pronunciare il fatto che non si trattava di un ospite del CARA, si affrettò a chiudere la porta dell’ambulanza dicendomi che doveva lavorare e fare ciò che avremmo dovuto fare l’infermiere ed io e che mi sarei presa le responsabilità di quello che stavo dicendo. Attonita ed infastidita cominciai ad argomentare per qualche minuto con l’autista del 118, che mi disse che avevo lasciato un uomo in coma ed in ipotermia al freddo, prima di rientrare e riprendere il lavoro. Dopo altri 10 minuti sentì l’ambulanza allontanarsi. Ancora adesso non so se all’interno dell’ambulanza si trovavano infermieri o medici, ma é singolare il fatto che un paziente in coma non fosse immediatamente condotto in una struttura ospedaliera. Dopo circa mezz’ora ricevemmo una telefonata dall’ospedale San Paolo, dal quale ci chiedevano informazioni sull’uomo, dato che avevano trovato in tasca un tesserino del CARA e volevano sapere chi informare nel momento in cui lo avrebbero dimesso. Verificammo che non risultava tra gli ospiti presenti e chiedemmo come stesse. Riferirono che era in coma etilico”.