Ma può Bari essere annoverata nell’elenco delle città turistiche? Se l’è chiesto Nicola De Giglio, presidente regionale di Confartigianato: «Se sì – ha dichiarato – siamo costretti ad adeguarci alla norma nazionale dal 2012». In caso contrario, il calendario delle aperture domenicali potrà essere stabilito in totale autonomia come per il 2011. Egli, infatti, ritiene che, stando aperti «365 giorni l’anno, si facciano esclusivamente gli interessi della grande distribuzione, perché ha personale che si può riciclare». Questa sarebbe, invece, «un’idea folle» per la piccola e media impresa (che occupa il 97% del tessuto economico italiano), la quale «viene continuamente massacrata».

Occorre, allora, «convocare un tavolo di concertazione per affrontare una volta per sempre la valutazione sul concetto di città turistica e d’arte» per Bari, ha detto Giuseppe Margiotta, presidente di Unimpresa, in maniera tale che anche le piccole imprese (soprattutto l’artigianato locale) vengano valorizzate e rivitalizzate.

Ma, forse, come ha sottolineato anche Albore, «la priorità in Italia non è sostenere le aziende, ma le famiglie», proprio quelle che aspettano i saldi per fare spese, affollano i negozi per il primo week-end di sconti e poi non ci tornano più perché hanno finito i soldi.

Non resta che considerare il punto di vista dei commercianti baresi, spesso più danneggiati economicamente che favoriti dalle aperture domenicali stabilite dall’ordinanza sindacale: c’è da pagare il personale, la luce e, tanto per le grandi catene (Imperial, Harmont & Blaine, Antonello Serio ecc.) quanto per i privati (Mimma Ninni, Santamato, Asselta, e così via) il riscontro economico non è tale da giustificare l’apertura. Fanno eccezione le domeniche precedenti al Natale o quelle in cui sbarcano i turisti con le navi da crociera.

Angelo Bitetto, responsabile del negozio Harmont & Blaine (via Argiro) ha detto: «Noi mandiamo le e-mail a nostri clienti avvisando dell’apertura domenicale e ci salviamo. Però se dovessimo aspettare il passeggio e il cliente transitorio, assolutamente zero».

«Con la crisi che c’è, tutte queste domeniche diventano anche pesanti per chi ha l’attività e paga – ha detto una commessa – Il 90% dei commercianti baresi non paga lo straordinario. Non paga gli stipendi, figuriamoci gli straordinari». E come lei la pensa Antonio Asselta, un altro dei commercianti che la domenica sceglie di stare chiuso: «La gente ha bisogno anche di riposare. Aprono la domenica tutti i negozi che non pagano il personale».

Alessandra Morgese