I problemi di Carbonara, così come quelli di tante altre periferie baresi, sono tanti e tutti molto più seri della bagarre esplosa attorno all’imminente festa patronale in onore di San Michele. In molti casi, però, è su questi temi che si sfasciano le comunità. Un gruppo di cittadini attaccati alle tradizioni popolari, non tanto al culto del santo, ha tirato fuori i muscoli e sistemato uno striscione in piazza Umberto I: “Rivogliamo le nostre tradizioni”.

Tutti, o quasi, contro il parroco della chiesa matrice, don Mimmo Chiarantoni. Sarebbe lui, dicono, a non voler rispettare la festa e i suoi 130 anni di tradizione: i bambini a cavallo, le luminarie e poi bancarelle, giostre, ricchi premi e cotillons. Con Don Mimmo non siamo riusciti a parlare. La casa canonica a mezzogiorno di una domenica di ottobre era chiusa e al citofono non ha risposto nessuno. Il comitato feste, sostengono i più rivoltosi, non passa a raccogliere l’obolo, quantomeno non lo farebbe in maniera convinta. Sotto ci sarebbe il solito gomblotto.

La festa non si deve fare. Punto. E la beneficenza verso le popolazioni terremotate di Amatrice (il 10% del ricavato totale della raccolta), non avrebbe nulla a che fare con la scelta di ridimensionare i toni della festa. Semplicemente i soldi raccolti sarebbero troppo pochi, forse proprio per sottolineare il dissenso nei confronti del modo di fare scelto dal parroco. L’anno scorso furono messi insieme solo 12mila euro, 7mila dei quali destinati alle luminarie. Così ci è stato raccontato da qualche comara.

Sulla questione qualcuno ci starebbe marciando e non poco. Ma chi é? La storia a sentire parlare in certi sottani, si tinge di giallo. Nelle prossime ore il presidente del Municipio, Nicola Acquaviva, accusato di non fare abbastanza al contrario del suo collega Peppone pur di contrastare il moderno Don Camillo, annuncia un altro incontro con il parroco. “Proveremo a salvare il salvabile quest’anno – precisa al nostro microfono il presidente Acquaviva -. Dal giorno dopo la festa (ricordiamo la quarta domenica di ottobre), ci attiveremo per sensibilizzare tutti i cittadini, perché se è vero che la festa è di tutti, tutti devono contribuire. Don Mimmo si occuperà della sfera religiosa, mentre ad altri spetterà il compito di organizzate la parte dei festeggiamenti civili”.

E la polemica esplode anche nei confronti del comitato feste patronali, che cambia di anno in anno. “Nessuna continuità – spiega chi ha srotolato lo striscione – e qualche dubbio sulla gestione della festa”. Insomma, a meno che san Michele non faccia il miracolo, quest’anno bisognerà accontentarsi, a quanto pare come l’anno scorso. A detta degli osservatori da bar dello sport, a far accorciare il braccino dei carbonaresi sarebbero state proprio le voci da social network sui possibili scenari e la confusione fatta sulla donazione del ricavato della raccolta alle popolazioni di Amatrice.

“I soldi – dice qualcuno mostrando l’obolo – devono andare tutti alla festa, alla beneficenza ci pensiamo diversamente. Oppure va chiarito meglio, non è detto che la gente del quartiere non possa persino fare una donazione più cospicua”. Vero legame con le tradizioni o un pretesto per sollevare vecchi rancori con il parroco? Non tutte le pecorelle sono dello stesso colore. Intanto, tra una chiacchiera e una parolaccia, un epiteto e una protesta, la festa si avvicina e la cera si consuma. Abbiamo sentito tutti i protagonisti di questa storia, manca solo don Mimmo. Nel caso volesse chiarire o precisare, noi siamo qui. Assicuriamo imparzialità.