Angelo Trentadue è un allenatore di calcio di Palo del Colle. Dopo diverse esperienze, quest’anno ha deciso di scendere in Terza Categoria per allenare la squadra della sua città. Innamorato di Palo e dello sport, ci ha scritto una lettera per denunciare i soprusi che la sua squadra, formata da 17 juniores e solo quattro over, riceve. Trentadue si rivolge alla Federazione, chiedendo che non chiuda più un occhio davanti a chi fa della violenza la sua regola e che, anzi, tuteli chi investe sui giovani.

LA LETTERA DI ANGELO TRENTADUE, ALLENATORE DELL’ASD CALCIO PALO – “Premetto che noi dell’Asd Calcio Palo siamo una squadra giovanissima: su una rosa di 21 calciatori, 17 sono juniores. Già quando siamo arrivati al campo, ho fiutato qualcosa di strano nell’aria. Il nostro spogliatoio, infatti, era lontanissimo da quello dell’arbitro, prospiciente guarda caso a quello del Palese. All’ingresso in campo, loro si sono resi subito protagonisti di atteggiamenti intimidatori: al nostro guardalinee, per esempio, appena 18enne, hanno fatto capire senza se e senza ma che quella era casa loro, comandavano loro, e che quindi sarebbe dovuto andare da un altro lato. La prima metà del primo tempo è passata in maniera abbastanza tranquilla, perché erano in vantaggio loro. Poi, in cinque minuti, abbiamo ribaltato il risultato grazie a una doppietta del debuttante Gaetano Montecasino. Di lì in avanti è cambiato tutto: ogni azione proteste e minacce, svenimenti in area di rigore, gomitate martorianti ai nostri attaccanti. All’ultimo minuto del primo tempo, un nostro ragazzo è stato spinto verso la recinzione e accerchiato da sette o otto giocatori del Palese. Sono intervenuti alcuni sei suoi compagni e uno pseudo giocatore loro, davanti all’arbitro, ha scagliato il pallone in faccia al nostro ragazzo. E l’arbitro, Rossiello Pasquale di Bitonto, che fa? Fischia la fine del primo tempo, lasciando il nostro calciatore a terra. Il ragazzo è rientrato negli spogliatoi con l’occhio gonfio. Chiaramente i nostri giocatori sono entrati in campo un po’ intimoriti e abbiamo subito prima il gol del 2-2. Poi, grazie a due prodezze del nostro portiere Liso, il risultato è rimasto in parità. Al 60’ il nostro capitano Montecasino ha messo male il piede e il ginocchio ha fatto crack. Beh, mentre era a terra, un loro giocatore ha deciso di passeggiargli sopra, camminandogli sul ginocchio già dolorante, e ancora una volta il direttore di gara Rossiello ha valutato si trattasse di una dinamica di gioco e non di una cosa volontaria. Nonostante tutto, al 65′ i nostri ragazzi, con un impeto di orgoglio, hanno trovato il gol del 2-3 con Tota. Ma all’80′ ha avuto inizio una serie di episodi davvero irraccontabili. Prima ci è stato annullato un gol per motivi che non riusciamo a spiegarci. Durante le nostre proteste, poi, alcuni “giocatori” loro hanno intimato all’arbitro di concedergli subito in rigore, cosa che puntualmente è avvenuta al minuto 83’. La partita è continuata, difficilissima da giocare. All’88′ Tamma, lanciato a rete, è stato fermato al limite dell’area con un fallo da ultimo uomo: Rossiello ha fischiato simulazione. Nel parapiglia generale che si è creato, un nostro calciatore ha ricevuto un pugno in pieno volto e l’arbitro, lì a due passi (non lo dico perché sono di parte, ma c’erano cento persone che possono testimoniare) si è allontanato da tutti e si è messo in disparte senza prendere provvedimenti. Io a queste cose non ci sto, questo non è il mio calcio, né è il calcio della mia società. Abbiamo deciso di dare un segnale a tutti, abbiamo la squadra più giovane d’Italia, e invece di proteggerla, ogni domenica ci affondano perché siamo giovani. Al signor Rossiello, un ragazzo anche lui, dico questo: se non si hanno gli attributi per arbitrare (tra l’altro penso che prendano anche dei soldi) può starsene tranquillamente a casa o andare a ballare il sabato e ritirarsi all’alba. So già che non succederà niente, anche la Federazione non farà niente, perché loro, queste società che da anni impostano il loro calcio sulla violenza, continuano a farle esistere invece di radiarle. Sono sceso in Terza Categoria perché il mio paese mi ha chiamato. La società mi ha voluto fortemente, e non potevi dire di no, perché io amo il mio paese. Ma credetemi, davanti a tutto ciò non so se serve ancora continuare e mettere a rischio questi ragazzi. È forte in me la voglia di mollare tutto”.