Massafra, provincia di Taranto, è il 15 marzo quando un uomo uccide moglie e suocera e poi scappa, autodenunciandosi ai Carabinieri, dopo anni di litigi e urla ascoltate dai vicini. Cronaca di una morte, anzi due, annunciate. È solo uno degli ultimi, tanti casi di femminicidio balzati agli onori della cronaca in Puglia, dove l’89% delle violenze di genere avviene in famiglia. Secondo le stime durante il lockdown, che ha costretto convivenze forzate di coppie già in precario equilibrio, è stata registrata in Puglia un’impennata del 70% di crimini domestici.

Il fenomeno non è solo un’emergenza, ma una problematica criminale ampia e strutturale, tanto da generare un ossimoro: all’aumento delle violenze infatti, si registra stranamente una diminuzione delle denunce. Il 13 maggio Azione Forense di Capitanata ha organizzato un webinar in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Foggia; il tema, appunto, è quello del femminicidio, sempre di triste attualità e purtroppo particolarmente legato alla Puglia. Tra i relatori la criminologa Roberta Bruzzone e l’avvocata Antonella Laganella, Giudice Onorario di Corte d’Appello alla sezione minori, entrambe impegnate nella tutela delle donne vittime di violenza domestica.

“Persistono stereotipi di incultura misogina, particolarmente radicati nel nostro territorio. Non si tratta di sola violenza fisica, sessuale, di deformazione permanente dell’identità personale della donna con acido e fuoco – ci ha detto l’avvocata Laganella – ma anche di violenza economica, psicologica, di mortificazione personale della partner attraverso la distruzione della sua autostima”.

La cultura popolare sussistente, specialmente nel nostro territorio, influisce sulle reazioni che si scatenano di fronte al caso di violenza contro una donna: secondo l’Istat il 15% ritiene che “se la sia cercata”, il 24% chiosa con un “poteva denunciare prima” e solo il 49% ritiene che non sia colpa della donna se ha subìto violenza. Il resto, “non sa”.

“Il non voler sapere – sottolinea –  o il sottovalutare, per esempio, i germi di comportamenti riconducibili alla violenza verbale di strada, come il catcalling (pratica subita dall’84% delle donne almeno una volta nella vita) conferma un retaggio culturale che ci restituisce un messaggio inquietante: il linguaggio di fischi ed appellativi, anche pesanti, rivolti ad una passante, risultano addirittura stereotipi comunemente accettati come forme di goliardia, se non addirittura di galanteria nei confronti del genere femminile”.

Purtroppo dilaga l’idea di una donna inferiore, da annientare, da cui deriva quella violenza maschile che ha le sue radici nei processi culturali e relazionali da sempre diffusi, indipendentemente dai ceti sociali di appartenenza o dalle latitudini geografiche. Ultimo esempio l’affronto del Presidente turco Ergogan, e con lui il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, in danno della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lasciata intenzionalmente ai margini dei loro scranni, per chiarire chi sono gli uomini veri e dove deve rimanere la donna.

“Assicurare l’affermazione di una cultura fondata sulla parità di genere – conclude l’avvocata Laganella – è un impegno che implica un approccio collettivo ed un’interazione condivisa sociale e politica a tutti i livelli, a cominciare dall’informazione sulla quale la donna deve poter contare anche nei luoghi più remoti. Servono continue campagne di sensibilizzazione che non si riducano a giornate dell’indignazione sul tema”.

di Amanda Pirro