Aumentano i suicidi tra i giovani. Ve ne abbiamo dato conto, continueremo a farlo pur non entrando nel merito delle questioni più intime. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Insieme ai suicidi di pari passo cresce il numero delle famiglie distrutte dal dolore e dal senso di colpa. Mentre qualcuno muore, però, ci sono ragazzi alle prese con lotte immani pur di tenersi stretta la vita. A una di loro abbiamo chiesto di raccontare la sua storia, il suo punto di vista, ciò che si prova nei momenti di maggiore sconforto.

Michelle (nome di fantasia scelto da lei ndr.), è una ragazza barese di 17 anni. Venerdì prossimo inizia l’ultimo anno del Liceo linguistico. Da grande vuole fare la dottoressa, perché ha sempre provato ammirazione verso la medicina, soprattutto dopo essere stata costretta a fare i conti con un tumore ai polmoni.

Come ti senti Michelle?
Bene, continuo a curare il mio tumore con determinazione.

Dove trovi la forza per andare avanti? All’inizio pregavo Dio, adesso un po’ meno. Non è che non abbia più fede in lui, ma credo di aver trovato la forza di affrontare questo ostacolo. Fin da subito ho permesso alle persone che mi amano di circondarmi. Intanto la famiglia, poi gli amici. Sono sicura che isolarsi sia deleterio e se proprio non troviamo la forza dentro di noi o in chi ci sta attorno, sarebbe meglio rivolgerci a un esperto, uno psicologo. Non lasciarsi andare a pensieri negativi è molto importante. In ultimo penso sempre a chi ce l’ha fatta e alle moderne medicine che ti aiutano notevolmente. Insomma, persino nel mio caso esiste un lato positivo.

Cosa provi quando leggi del suicidio di tuoi coetanei? Tanta tristezza, sono notizie che rimangono impresse e dovrebbero aiutare tutti a riflettere. Certo, ognuno di noi nasce col proprio carattere e quello può essere una salvezza, come credo lo sia nel mio caso, ma ripeto, non bisogna isolarsi. Al contrario condividere i propri stati d’animo con ci ci ama è prezioso. Togliersi la vita resta la via più breve per noi, la più lunga per chi rimane e prova a sopravvivere.

Ti ha cambiato la malattia? Tutti dicono che sono molto forte, ma anche io ho avuto momenti di debolezza, pochi per fortuna. In questi due anni sono cresciuta, maturata, indipendentemente dalla malattia. Faccio il possibile per non perdere il mio sorriso.

Quando hai scoperto di essere malata? A 15 anni ho avuto una bronchite, mi erano stati prescritti farmaci che non davano gli effetti sperati. Era agosto. Sono andata da uno pneumologo e dopo alcuni esami è arrivata la diagnosi: una massa tumorale ai polmoni. Ho provato a cercare in me stessa e in chi mi amava la forza per reagire, evitando di lasciarmi andare allo sconforto.

Nella foto ti si vede entrare in un ospedale di Milano, perché ti stai facendo curare fuori?Sono in cura a Milano fin dall’inizio, perché sono stata ricoverata a Bari e in 20 giorni mi hanno sottoposto a una inutile biopsia e diagnosticato due forme di tumore errate. Avrei perso tempo e fatto terapie non efficaci. Per questo ho scelto di andare a Milano, dove mi hanno fatto una diagnosi precisa.