Forse Diogene di Sinope aveva ragione quando affermava: “Più conosceva l’uomo più amavo il suo cane”. Quando hai un amico che sta per morire, fai di tutto per accontentarlo, compreso chiedere ai suoi calciatori preferiti (non del Bari, state tranquilli) di registrarti un messaggio di auguri da mandargli sul cellulare.

Perché quando hai un amico che può entrare negli spogliatoi ti accordi con lui, salvo ricevere una sua chiamata che ti fa disgustare. Gli strapagati “sparapalle” un messaggio per il tuo amico che sta morendo non lo registrano, perché altrimenti l’ufficio marketing si incazza.

Sono stato a bordo campo e seguo la Champions dal 2015 ed ho visto cosa sta dietro (e dentro) lo spogliatoio e sugli spalti, e quando senti il tuo amico che quasi ad orecchie basse ti dice di non poterti aiutare, la domanda circa l’utilità di uno sport a quei livelli, te la chiedi.

Perché quando vedi i tifosi picchiarsi, o piangere perché Totti si è ritirato, li vedi girare il mondo o li vedi negare il cibo ai figli per andare allo stadio (li ho incontrati… accidenti se li ho incontrati…) ti chiedi il senso di tutto questo, se poi uno strapagato “sparapalle” ignora una persona che muore.

Non possiamo sperare che tutti abbiano l’animo di De Coubertin, ma che un caso umano lo accolgano e comprendano, quello si. Ed invece no perché l’ufficio marketing o l’ufficio preposto (si chiamerà “ufficio ultimi saluti”???) continuerà a negare l’umanità di un sorriso a chi sta morendo.

Ma è sempre giovane il debito morale verso chi li fa essere gli “sparapalle” lodati e riveriti di tutti i giorni. Ed io, anche se ho fatto il possibile, mi sento in colpa come se questo rifiuto fosse il mio.