Alla vigilia dell’inizio del nuovo anno scolastico e nel pieno di una nauseante guerra in difesa degli “ariani” – perché tanto quello sembra di cogliere in tanti commenti del tipo “non sono razzista, però…” – vi racconto una storia che mi ha indotto alla riflessione. I protagonisti sono due bimbe di 3 e 7 anni (età apparenti), un pullman pieno di passeggeri, cetinaia di passanti e un folto plotone di commercianti.

Non voglio far torto a nessuno, quindi evitiamo i dattagli, ma in questi giorni facebook ripropone post strappa lacrime di gente che ha comprato lecca-lecca, gelati e persino giocattoli ai “poveri bambini” che chiedevano spiccioli cambiando continuamente strada prima di entrare in alcune attività commerciali nel centro di Bari. Il sollievo momentaneo è un bel gesto, ma da solo non basta.

Dopo l’iniziale commozione, sono stato assalito da una grande rabbia. Leggendo quelle storielle da libro cuore, tra l’altro con grande seguito di like e ammirazioni varie, ho capito perché non è la nazionalità di un malvivente italiano o straniero in un titolo di giornale a scatenare l’intolleranza, ma la superficialità delle nostre azioni.

Dopo averli accontentati con un lecca-lecca, a dirla tutta più per soddisfare il desiderio di estemporaneo altruismo, quei bambini vanno segnalati alle autorità, perché non possono continuare a fare gli accattoni, seppure leccando la caramella. E neppure il fatto di non dare loro spiccioli, pensando che quei soldi possano andare a finire in chissà quali mani, rende il gesto meno comprensibile quando è fine a se stesso.

Quei bambini sono andati a scuola l’anno scorso e quest’anno ci andranno? Perché sono abbandonati a loro stessi? Sono accuditi come qualunque atro bambino dev’essere accudito? E quindi la storia, l’inno dell’indifferenza celata dentro sguardi impietositi e falangette commosse sulla tastiera di un computer. Due bambine, di 3 e 7 anni, sono sole sul bus. Tutti si chiedono come sia possibile, ma né i passeggeri né i passanti per strada e neppure i commercianti nei cui negozi sono entrate per chiedere qualche spicciolo, si sono preoccupati di mettere fine a questa barbarie umana. Tutti i bambini, ogni singolo bambino, ha il diritto di giocare, imparare, leggere e scrivere.

Insomma, ha il sacrosanto diritto di essere un bambino. Il lecca-lecca comprato per addolcire le coscienze non li aiuta, anzi, al contrario li condanna ad un destino durissimo. Il 27 febbraio 2016, incontrammo Claudio ad un semaforo di via Napoli. Non sappiamo se siamo riusciti a salvarlo, ma se non altro le istituzioni in quel momento intervennero. Nessuno poté girare la testa dall’altra parte.