Malati di epatite C a causa di una trasfusione di sangue infetto, ma anche di una rarissima forma di burocrazia degenerativa. Il cosiddetto rimpallo burocratico sui fondi stanziati dal governo continua a tenere al palo, ormai da nove anni, chi avrebbe diritto a un sacrosanto risarcimento.
“Gli ammalati stanno impazzendo per vedersi riconosciuti i propri diritti barcamenandosi tra equa-riparazione, una tantum al decesso, transazioni e lungaggini burocratiche e, contestualmente, sono costretti a sborsare denaro per ricorrere ai giudici del lavoro, ai tribunali amministrativi, alla Corte Europea”. Nelle parole del consigliere regionale Mario Conca (M5S), la sintesi delle peripezie di questi pazienti. Viene l’ansia solo a leggere, fuguriamoci a doverci passare in questo tunnel di carte e scaricabarili.
“Lo Stato nel frattempo che fa per andare incontro agli ammalati? – si domanda Conca – Continua a difendersi all’inverosimile, superando di 24 volte i tempi delle procedure amministrative, sperperando altro denaro pubblico, danni erariali che la Corte dei Conti dovrebbe perseguire, evidentemente perché le parcelle agli avvocati amici vanno pagate”. Roba da matti.
Dal mese scorso, quanto il consigliere regionale pentastellato presentò un’interrogazione urgente per sollecitare il pagamento degli arretrati relativi agli anni compresi tra il 2002 e il 2011, non è arrivata ancora nessuna risposta. Complessivamente parliamo di una cifra considerevole di circa 30 milioni di euro. Soldi che la Regione avrebbe ricevuto dal ministero nel 2015. E allora qual è il problema? Conca non ha dubbi: “I rimpalli di responsabilità tra il dipartimento di prevenzione ASL e l’assessorato alla Sanità, ad oggi continuano a negare un sacrosanto diritto. Quanto tempo ci vorrà?”.