Fuori i nomi dei candidati pugliesi del Partito Democratico alle prossime elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento, il 25 settembre. Per la prima volta dopo la riforma costituzionale, si voterà per eleggere un numero ridotto di senatori e deputati rispetto al passato: per l’esattezza, 200 senatori contro i precedenti 315, e 400 deputati contro i 630 dell’ultima legislatura. Più complesso quindi il lavoro dei partiti per selezionare le candidature, fra mancate conferme e nuovi ingressi. Al termine di un vertice notturno, la direzione nazionale del PD ha ufficializzato i nomi di coloro che concorreranno per un seggio anche in Puglia e su queste scelte si è espresso il presidente della Regione, Michele Emiliano: “La direzione del Partito Democratico dopo un intenso e incessante lavoro di ascolto e analisi, ha formalizzato le prime candidature al Parlamento. Un lavoro non semplice, quello fatto dalla segreteria nazionale, di sintesi e composizione del quadro, un lavoro che suscita grandi speranze ma anche qualche amarezza, non potendo essere soddisfatte in questo passaggio tutte le legittime aspirazioni. La cosa certa è che dalla Puglia, dai territori, siamo pronti a fare la nostra parte per far conoscere il programma di governo del Pd, per costruire intorno ad esso partecipazione e condivisione e per contribuire al rafforzamento dei valori che il programma racchiude e che trovano fondamento nella nostra Costituzione repubblicana”.

“Abbiamo dovuto accogliere la richiesta di Enrico Letta di candidare il vice presidente della Regione, Raffaele Piemontese, e la presidente del Consiglio regionale Loredana Capone per rinforzare al massimo le nostre liste. Loredana e Raffaele, in due, hanno preso quasi 35 mila voti alle ultime regionali, sono due colonne del PD e della regione e hanno ricevuto un giusto riconoscimento dopo anni e anni di militanza e di campagne elettorali difficili. Si tratta di un contributo al PD che la giunta regionale ha dovuto offrire per dare una mano in un momento cosi difficile e anche per consentire a me di evitare la candidatura come capolista al Senato, alla luce della mia volontà di rimanere alla guida della Regione Puglia e in vista di anni che si annunciano importanti e difficili”. Il governatore pugliese prosegue nella sua analisi delle scelte: “Capolista al Senato c’è Francesco Boccia, la cui carriera politica, al pari di quella di Antonio Decaro, comincia nel 2004 nella nuova giunta di centrosinistra del Comune di Bari. Quella giunta sembra oggi con ogni evidenza una squadra del livello quasi di un governo nazionale. Francesco Boccia come Claudio Stefanazzi ed Enrico Letta era uno dei migliori Prodi boys in circolazione. Francesco nel 2005 perse di pochissimo le primarie con Nichi Vendola e dall’interno della nostra giunta contribuì con generosità alla sua vittoria. Senza la straordinaria e inaspettata vittoria al Comune di Bari nel 2004 e senza l’impegno di Francesco Boccia che partecipando alle primarie ha consentito alla nostra coalizione di rimanere unita, sarebbe stata impossibile la conquista della Regione Puglia.

Nessuno avrebbe mai creduto allora che avremmo governato per quattro mandati consecutivi il Comune di Bari e la Regione Puglia e poi, a seguire, la stragrande maggioranza delle città e dei capoluoghi pugliesi. Boccia è stato il Ministro delle Regioni che maggiormente ha contribuito, nel governo Conte che abbiamo sempre sostenuto convintamente, alla battaglia contro il Covid nella quale la Puglia si è distinta per essere tra le prime regioni italiane. Insieme a Francesco abbiamo costruito pazientemente l’alleanza con il Movimento 5 stelle e il cambio di rotta del PD sulle politiche di transizione ecologica, partecipando al referendum contro le trivelle e alla costruzione del progetto di decarbonizzazione dell’Ilva per trasformare Taranto nel polo dell’idrogeno italiano, convincendo persino Draghi e l’Unione Europea della giustezza di questa impostazione.

Spero che il cammino al fianco dei 5 stelle possa ricominciare al più presto, anche grazie all’esperienza umana e politica che stiamo vivendo insieme nel Governo della Puglia.
Boccia ha guidato alla vittoria tante amministrazioni comunali nelle scorse elezioni e svolge il ruolo di commissario in Campania, un ruolo prestigioso per un pugliese”.

E poi: “Un ringraziamento sentito al segretario regionale del Pd Marco Lacarra che sarà ricandidato capolista a Bari. Marco ha saputo sempre rispondere in maniera costruttiva a tutte le sollecitazioni di una comunità plurale e realmente democratica quale è il PD, anche agli attacchi subiti dalle minoranze interne ha sempre risposto con grande spirito di gruppo. Grazie ad Antonio Decaro e a tutta la meravigliosa squadra dei progressisti pugliesi è stato giustamente ricandidato. Si tratta di una candidatura per merito, essendo, come dimostrano i numeri e la storia recente, il segretario regionale PD più vincente di sempre. Marco Lacarra ha dialogato con la segreteria nazionale, alla quale tutte le decisioni sulle candidature statutariamente competono, cercando di tutelare al meglio le ragioni del Pd pugliese. Grazie infine al segretario nazionale Enrico Letta per il compito non semplice di definire, in tempi ristrettissimi, una formazione che possa portare a Roma la voce e le istanze della Puglia e del Mezzogiorno di Italia”.

La prima stroncatura netta a queste indicazioni del PD nazionale per la Puglia arriva da Fabiano Amati, consigliere regionale e presidente Commissione Bilancio Regione Puglia, che su Facebook scrive: “Non è più il tempo di lamentarsi in silenzio. Chi non è d’accordo deve uscire allo scoperto con coraggio e contribuire a distruggere questo sistema di potere, per costruire un’alternativa di buon governo e linearità. Le liste del Partito Democratico Puglia sono state generalmente composte sulla base di raccomandazioni, meschinità, bassezze, misoginia, ossequi ai capetti di turno impegnati a risolvere in Puglia problemi campani di collocamento e soggezione ai metodi nepotisti e torbidi del non iscritto Michele Emiliano. Le liste del mio partito, il PD, risultano perciò invotabili: l’idea secondo cui i simboli esistono e vanno sostenuti a prescindere dalle persone che li rappresentano è idolatria o paganesimo applicato alla politica, soprattutto se i candidati arriveranno in Parlamento non attraverso le preferenze dei cittadini, ma approfittando di una legge elettorale indecente, fondata sulle nomine gradite ai gruppi di potere organizzati”.

E va anche oltre: “Fare propaganda elettorale per le liste PD non sarebbe dunque etico in questo contesto, perché si finirebbe per contribuire a raccogliere voti utili alla ratifica di una volgare imposizione mascherata da democrazia. Più o meno la cosa che per gli altri chiamiamo fascismo, con tanta supponenza e per occultare l’incapacità di batterli con buone idee per risolvere i problemi della maggioranza delle persone. Mi dispiace tanto che su questo anche Enrico Letta si sia reso complice e perciò colpevole, giungendo a tollerare, addirittura, capilista tutti uomini, con relativa strumentalizzazione delle donne e la nomina del Capo di gabinetto della Regione Puglia, preferito a molti iscritti, dirigenti ed eletti di maggior peso, per idee e sostegno elettorale.
Salvo eventi allo stato imprevedibili, io non andrò via dal partito perché, come ho detto, mi sono dato il compito di distruggere questo sistema di potere e per farlo non posso regalare l’abbandono del campo e così togliere un po’ di voce a tante belle persone, mortificate, offese e non inclini alla sudditanza. Gli elettori, quando hanno la possibilità di scegliere, mi votano sia per fare tante cose, e penso di farle ogni giorno senza risparmio e spesso vincendo l’ostilità inconcludente del Governo regionale, e sia per attribuirmi la libertà e il coraggio di combattere questo tipo di battaglie. Farò dunque una campagna elettorale di verità, senza alcuna remora, perché è proprio questo il momento più efficace per reagire, tanto che ogni rinvio della denuncia a tempi non elettorali avrebbe il sapore della complicità. Mi appello ai sindaci, consiglieri regionali e comunali, affinché si uniscano nella battaglia, cancellando ogni forma di soggezione o rassegnazione, spesso usate nella speranza che prima o poi qualcosa cambi o arrivi il proprio turno. I cimiteri della politica sono fin troppo pieni di lapidi ove è scritto “credette al momento migliore che non arrivò mai” oppure “attese invano il suo turno”: il cambiamento arriva se ognuno mette il suo impegno nel tempo stesso in cui questo risulta necessario, perché le cose non cadono mai dal cielo e farlo dopo, anche tra un mese, sarebbe troppo tardi”.