Il grido d’allarme è unanime da parte di tutti gli addetti del settore: i prezzi dei cereali, inclusi i mangimi per animali, sono ormai insostenibili e l’eccessivo rincaro avrà un effetto domino disastroso su agricoltura e allevamento. “La guerra ha anche svelato un grave problema d’innovazione nella coltura di tutti i cereali, compreso il grano e i mangimi per allevamento animali, causando notevoli impennate dei prezzi e difficoltà d’approvvigionamento dall’estero. Il prezzo del grano è infatti aumentato nelle ultime settimane sino a 500 dollari a tonnellata e ci sono notevoli difficoltà nell’importazione di mais e soia. È urgente l’innovazione tecnologica del settore e la completa apertura alla scienza, per migliorare le colture, aumentare l’autonomia italiana, contenere i prezzi e combattere l’abbandono del suolo. Sentiremo per questo in Commissione i ricercatori del CNR”. Lo dichiarano Fabiano Amati e Francesco Paolicelli, Presidenti delle Commissioni regionali Programmazione e Attività produttive.

“La necessità d’innovare nel settore della coltivazione cerealicola è dimostrata da un piccolo esempio. La città di Taganrog ha un porto alla foce del Don da cui già un secolo fa partivano per l’Italia le navi cariche di grano russo ed ucraino. Si trova ad un passo dalla martoriata Mariupol e lì nacque Anton Cechov, drammaturgo e medico curante dei contadini che, come i nostri, morivano di fame. L’Italia è il primo importatore al mondo di grano, sia duro che tenero. Per produrlo serve un’ottima genetica; fino a 40 anni fa l’Italia era leader mondiale in questa disciplina ma oggi non risulta al passo con i tempi nell’uso delle tecnologie di mutamento di un punto del DNA delle piante attraverso una proteina (CRISPR), ossia un antichissimo e tradizionale processo di trasformazione delle piante, che ora si svolge con tecnologie all’avanguardia. Abbiamo dunque bisogno di alta innovazione e diffusa meccanizzazione, logistica affinata, autorevole ufficio per la tutela brevettuale, analisi mediante droni dei campi, uso della microbiologia dei suoli, meteorologia e chimica degli alimenti, anche per gestire gli inquinanti e le intolleranze alimentari. Questo livello d’innovazione, su cui la Puglia dovrebbe investire di più, è uno degli elementi di base per aumentare la resa dei campi, ridurre l’uso di agrofarmaci o pesticidi, combattere l’abbandono dei campi, ripristinare il grande ruolo italiano nel settore e tenere sotto controllo i prezzi. Sui prezzi, infatti, c’è stato un costante aumento, causato dalla mancata innovazione e amplificato dall’invasione russa ai danni dell’Ucraina.
Infatti: nel 2016 il prezzo del grano era 176 dollari, 178 nel 2017, 203 nel 2018, 211 nel 2019, 227 nel 2020, 281 nel 2021, 332 sino a qualche settimana fa e oggi – dopo l’inizio della guerra – tra i 400 e 500 dollari a tonnellata. Un’impennata di prezzi insostenibile per i consumatori, ma con cause puntuali e in parte determinate dalla miopia o da ingiustificabili ostracismi nei confronti della ricerca scientifica e delle sue prove.
Per questi motivi c’è il bisogno di programmare grandi processi d’innovazione, perché il prezzo del pane dal fornaio o il prezzo della carne dal macellaio dipendono da scelte politiche che spesso si rivelano in contrasto con gli interessi dei consumatori e con l’interesse produttivo dell’Italia e della nostra regione”.