A dare l’idea di essere stati beccati con le mani nella marmellata è il presidente del Consiglio Comunale di Bari, Michelangelo Cavone, che avrebbe fatto meglio a svignarsela come il suo Sindaco. Rosso in volto e con gli occhi sbarrati, come se avesse mangiato un chilo di peperoncini, Cavone ammette imbarazzato che l’anelata quota dei 33 gettoni mensili accumulati nelle commissioni è quella necessaria per prendere lo stipendio pieno.

Non solo. Cavone dice pure che la doppia retribuzione, da consigliere e da dipendente comunque pagato nonostante l’assenza dal posto di lavoro, è una stortura. E allora cosa aspetta Cavone a proporre un cambiamento di rotta alla sua maggioranza? Non è la prima volta che il tema barese viene portato alla ribalta nazionale, ma fa sempre una certa impressione sapere che da gennaio a ottobre 2018 a Bari i consiglieri si sono riuniti in commissione più di 1800 volte, contro le meno di 300 dei colleghi bolognesi.

Un tema visto e rivisto, su cui il presidente nazionale Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, non vuole rispondere e per questo se la svigna. Se solo lo avesse seguito presidente Cavone… Il Consiglio Comunale è sovrano, ha fatto sapere Decaro. Effettivamente a Bari i consiglieri sono tutti sovrani e le cose evidentemente non possono andare in altro modo. Non ditelo a Pasquale Finocchio, troppo abituato a “commisisonare” in Comune da 25 anni per rendersi conto del doppio stipendio. Prassi spiegata alla chetichella dal consigliere anonimo, che tutti i baresi hanno comunque riconosciuto.

Tante riunioni sono assolute supercazzole, che Francesco Giannuzzi difende con le unghie e coi denti. E gli ordini del giorno? Il caso emblematico è quello della Commissione Decentramento, in una Città Metropolitana in cui il decentramento sta a zero. Pur di riunirsi, di volta in volta i consiglieri si incontrano per i 72 euro e spiccioli di gettone con il compito ingrato di leggere l’estratto delle sedute precedenti.

Solidarizziamo senza se e senza ma con il maestro Antonio Caprarica: bisogna smetterla di solidarizzare coi furbetti, solo perché umanamente simpatici. E allora ben venga, come dice Irma Melini, il pagamento per indennità e non attraverso l’abusato gettone di presenza.