“È partita la caccia al cinghiale e il cinghiale sono io”. Parola di Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, ieri famosissimo per la fotografia in cui si vede mangiare di gusto i frutti di mare crudi, generalmente accompagnata da commenti non lusinghieri, e oggi autoproclamatosi animale selvatico (della politica) da braccare e possibilmente fare fuori, in senso figurato si intende.

Ma se lui è il cinghiale, chi sono i cacciatori? Semplice, gli amici renziani del Partito Democratico, quell’ala del suo partito sul cui sostegno per la rielezione alle prossime regionali del 2020 sa di non poter contare.

Cinghialone Michele ha dunque riunito i suoi nei giorni scorsi, una decina di persone a cui illustrare la strategia in vista del voto. La campagna elettorale è dietro l’angolo e i risultati fin qui conseguiti dal suo governo, ne è consapevole, non fanno sperare in una cavalcata trionfale. Anzi.

Alle trappole dei bracconieri piddini, che possono chiedere le primarie per bloccare la ricandidatura di Emiliano magari puntando su Dario Stefàno, o addirittura tentare di sabotarne la campagna elettorale, al Presidente non resta che guardare altrove, cosa che in realtà sta facendo già da tempo.

Così, respinte al mittente le avence ai grillini, a Cinghialone non è rimasto altro da fare che puntare sui moderati di Forza Italia e Noi con l’Italia. Non una campagna acquisti negli schieramenti, bensì una vera e propria alleanza o la costituzione di un soggetto unico. I dubbi sulla strategia non mancano di certo, su tutto resta però la considerazioni che si tratti di una mossa disperata, di quelle che devi fare quando ti ritrovi stretto in un angolo senza via d’uscita. Come l’animale che si strappa la zampa rimasta incastrata nella trappola pur di non farsi prendere dal cacciatore.