Il partito democratico non si rassegna alla sconfitta elettorale, tanto per usare un eufemismo. Sì, perché in realtà il termine catastrofe utilizzato in questi giorni per descrivere l’involuzione del PD non è esagerato.

I dati sono impietosi, soprattutto se paragonati a quelli del 2013. Per raccontare ciò che è successo basta affidarsi proprio ai numeri. A Bari il PD ha messo insieme 27.785 voti, pari al 14.1 per cento, ben al di sotto (4.6 per cento) rispetto al 18.72 del dato messo insieme dai Dem a livello nazionale.

Nel 2013, al contrario di quanto si è blaterato in questi giorni, il PD a Bari aveva raccolto 33.500 voti complessivi, pari al 18.3 per cento, comunque al di sotto della media nazionale del 4 marzo. A distanza di 5 anni, dunque, i voti persi sono stati 8842. Tra le tante chiacchiere ascoltate, si è sentito anche farneticare su come il risultato sarebbe potuto essere diverso se la coalizione di centrosinistra si fosse presentata compatta al cospetto degli elettori.

Unendo i numeri di PD e LeU, la coalizione avrebbe ottenuto un risicato 23.1 per cento, contro il 27.6 per cento del centrodestra e il 46.3 per cento del Movimento 5 Stelle, che il PD lo ha praticamente doppiato. Il dato più significativa dell’analisi del voto PD, però, è quello barese relativo alle periferie. È soprattutto qui che Decaro ed i suoi non hanno saputo raccogliere consensi.

Il “buon” risultato della zona centrale, il salotto buono della città, si scontra con il solo 10 per cento preso al San Paolo, Stanic, Santo Spirito, Carbonara, Ceglie e Loseto. Facendo la media si ottiene appunto il 14.1 per cento. Come direbbe l’assessore Palmiro Cangini: “Fatti, non pugnette”.