Michele Emiliano, a sinistra, e Luigi Bobbio, a destra

“Sono l’unico magistrato nella storia della Repubblica italiana eletto democraticamente dal popolo come Presidente della Regione, al quale la Procura generale della Cassazione contesta l’iscrizione ad un partito politico, nonostante non svolga le funzioni di magistrato da 13 anni causa l’espletamento di mandato elettorale.”

E’ questa, praticamente, l’apertura del comunicato relativo alle dichiarazione del Governatore della Puglia, Michele Emiliano, in ordine al “al procedimento disciplinare avviato dal CSM nei suoi confronti in quanto “magistrato” iscritto a un partito politico”, come si legge nella frase introduttiva della dichiarazione, riportata dal nostro giornale.

Un evento di tale portata merita di essere approfondito.

Va subito detto che la dichiarazione di Emiliano si presta ad essere interpretata come una sorta di preventiva auto assoluzione in virtù di quel voto popolare che lo ha eletto Governatore. Berlusconi fu esplicito in tal senso contrapponendo il voto popolare alle incriminazioni dei magistrati milanesi. Qui, o è più sfumata o è semplicemente scritta in modo poco chiaro. Mi meraviglierei che un magistrato si esprimesse alla stessa maniera.

La dichiarazione “sono l’unico”, comunque, è corretta, se riferita al suo ruolo di Presidente della Giunta di una regione, ma, poiché si presta ad essere equivocata ed intesa nel senso di essere lui l’unico magistrato sottoposto a procedimento disciplinare in quanto iscritto ad un partito politico, va detto subito che questa estensione risulta certamente non corrispondente al vero.

Infatti, c’è un precedente illustre ed è assolutamente certo, attesa la sua erudizione giuridica non indifferente, che Michele Emiliano non poteva di certo ignorarlo.

Avendo il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione esercitato l’azione disciplinare nei confronti del dottor Luigi Bobbio, anch’egli magistrato fuori del ruolo organico della magistratura “perché addetto ad una funzione di consulenza parlamentare, già parlamentare egli stesso”, come si legge nell’antefatto della Sentenza n 224 del 2009 della Corte Costituzionale, il CSM (il Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di autogoverno del Potere giudiziario) rimise gli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata l’illegittimità costituzionale delle norme che prevedevano il divieto del magistrato di essere iscritto ad un partito politico o di partecipare sistematicamente e continuativamente alla vita di partiti politici. Il dottor Bobbio aveva, infatti, accettato la carica di Presidente della federazione provinciale di Napoli del partito di Alleanza Nazionale. Così come Emiliano è stato a più riprese e vari livelli presidente e segretario del Partito Democratico.

Il divieto riguarda poi anche il “coinvolgimento in attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o, comunque, compromettere l’immagine di magistrato”. In parole povere, essere associato a potentati economici. Quest’ultimo non è certo il caso di Michele Emiliano.

La Corte Costituzionale si pronunciò dichiarando non fondata la questione e, giudicando, pertanto, costituzionalmente legittime le norme che vietavano e vietano al magistrato di essere iscritto ad un partito politico e partecipare attivamente alla vita dello stesso, e ciò nei confronti di tutti i magistrati “senza eccezioni, e quindi anche a coloro che non esercitino attualmente funzioni giudiziarie” ….”anche quando siano stati, temporaneamente, collocati fuori ruolo”. Il virgolettato, come i precedenti, è tratto dalla citata sentenza della Corte costituzionale.

Dunque, che il divieto esista, e sia stato dichiarato Costituzionalmente legittimo, è un dato incontrovertibile, e non esiste che Emiliano, come qualsiasi altro magistrato, ne possa ignorare l’esistenza. Ciò non significa, spiega poi la Corte che il magistrato non possa essere eletto, e aggiungerei, anche nelle liste di un partito, ma dovrà farlo da indipendente, ovvero da non iscritto. Casi ce ne sono e tanti, anche al di fuori di magistrati.

Aldilà della sicurezza che Emiliano ostenta, il problema c’è e c’è tutto. E’ caratteriale in Michelone, nomignolo affibbiatogli dagli amici, essere ad di sopra delle righe. Quì il problema è che, probabilmente ritenendo il divieto iniquo o semplicemente ingiusto o obsoleto, Emiliano lo abbia volutamente ignorato, ponendosi così al disopra della legge, cosa peraltro non rara tra i magistrati, che a furia d’interpretare finiscono per applicare con qualche disinvoltura. È l’eterno conflitto tra legge e giustizia. Francamente, preferisco coloro che antepongono la seconda alla prima, quando le due cose divergono. Chi difende la prima non rischia, ma non so come possa metterla con la propria coscienza. Michelone, certamente tutto è fuorché un formalista.

Quindi, giusto che si rimetta con fiducia al giudizio del CSM, meno che ostenti tanta sicurezza di uscirne indenne. Questa è mera strategia politica. Il rischio di una condanna c’è, ma comunque, trattandosi di illecito disciplinare può consistere in un’ammonizione o altro di poco più pesante, ma comunque non è certo un fatto gravissimo, come può esserlo una questione penalmente rilevante che da luogo ad avvisi di garanzia o peggio a misure cautelari.

Desta poi perplessità la tempistica di questa azione disciplinare. Giunge, infatti, pochissimo tempo dopo che Michele Emiliano ha annunciato la sua intenzione di volersi candidare a Segretario nazionale del Partito democratico, con ciò contrapponendosi all’ex premier Matteo Renzi. Sarà di certo una combinazione. I tempi della giustizia non sono certamente celeri e, nonostante che già i latini sapessero che giustizia ritardata equivale a giustizia negata, i tempi dei nostri processi sono quasi biblici. Certamente, la politica non ha fatto molto per agevolare il processo di accelerazione della giustizia, semmai il contrario. Quanti politici se la sono cavata con la prescrizione? Spiegato l’arcano. Ripeto, sarà una combinazione. Aggiungo, qualcuno ha commentato: “Prima o poi doveva arrivare”. Probabilmente ha ragione, ma resta la perplessità sui tempi, così come resta l’obbligo da parte di noi giornalisti di informare il più chiaramente possibile, non cedendo alla tentazione di interpretare a simpatia o antipatia, e questa è un’altra cosa certa, con Emiliano non esistono mezze misure, o è l’uno o l’altro.

Rimaniamo in attesa del 6 febbraio data in cui il CSM dovrebbe pronunciarsi in merito.

Tornando alle candidature di Renzi ed Emiliano, prepariamoci ad una lotta da gladiatori: l’arena mediatica è già pronta. Temo però che al popolo, quello che un tempo sedeva esultante ed assetato di sangue nelle gradinate, di questa sfida non gliene importi assolutamente, ha ben altro a cui pensare, prima di tutto a come arrivare a fine mese.

I lettori mi scuseranno il tecnicismo del giurista, indispensabile in questo caso. Spero comunque di essermi spiegato e reso comprensibile soprattutto ai non addetti ai lavori.