Michele Bollettieri, per anni vicedirettore Enel del capoluogo pugliese, poi direttore di settore a Roma presso la direzione generale dell’azienda.

Hanno fatto molto discutere i ritardi registrati negli scorsi giorni nel ripristino del servizio elettrico nelle zone del centro Italia colpite dalle eccezionali nevicate e dal terremoto. A chi ha commentato la vicenda attribuendo al Padreterno la responsabilità di certe disastrose conseguenze, ha voluto rispondere sul proprio profilo Facebook il barese Michele Bollettieri, per anni vicedirettore Enel del capoluogo pugliese, poi direttore di settore a Roma presso la direzione generale dell’azienda, sottolineando come spesso tali conseguenze siano “il risultato, anche prevedibile, del comportamento degli uomini e di avventate scelte politiche”.

Non è stato certo Dio – scrive – a volere lo svuotamento dei compiti e lo snaturamento della missione dell’Enel che era stato istituito (e doveva essere retto!) per assicurare in modo uniforme in tutto il Paese energia elettrica in quantità adeguata al fabbisogno di un equilibrato sviluppo dell’Italia, provvedendo alla sua produzione, trasmissione e distribuzione”.

Lo svuotamento delle funzioni – prosegue Bollettieri – è avvenuto attraverso processi di “out sourcing” e cioè il ricorso ad appaltatori esterni eliminando e smantellando non solo direzioni centrali (Studi e Ricerche; ‘Costruzioni e Lavori’, ‘Progettazione’, ecc. ecc.) ma anche le squadre di operai che agivano nel campo della distribuzione urbana e rurale di “pronto intervento”, “lavori” e di “manutenzione ed esercizio” che assicuravano un elevato standard nella qualità del servizio ed una eccezionale continuità nell’erogazione dello stesso”.

Uno snaturamento dell’Enel – aggiunge – che dall’essere Ente economico preposto alla produzione, trasmissione e vendita di energia elettrica, circondato da grande considerazione internazionale (era l’ente elettrico più importante d’Europa: i suoi tecnici erano apprezzati in tutto il mondo, lo spirito di corpo e la consapevolezza di svolgere un pubblico servizio in favore della comunità erano altissimi e diffusi tra tutti i lavoratori) si è trasformato in una holding finanziaria che va in giro per il mondo alla ricerca di improbabili ‘affari’”.

Il senso di appartenenza e l’orgoglio di essere responsabili di un servizio pubblico – specifica ancora Bollettieri – rendevano le squadre dell’Enel delle entità non solo tecniche ma morali, capaci di grandi imprese. Durante il terribile terremoto in Irpinia ed in Basilicata (così come in quello di anni dopo in Friuli), le squadre dell’Enel intervennero con rapidità ed efficacia, assicurando, mentre la terra tremava e non concedeva respiro, il ripristino dovunque del servizio (considerato un bene primario)”.

Quelle squadre”, conclude il barese, “oltre ad essere composte da uomini motivati, capaci e competenti che conoscevano a memoria ‘la rete’, erano dotate anche di attrezzature, macchine e strumenti adeguati. Oggi l’Enel non ha squadre, non ha attrezzature non ha spirito di corpo! un altro regalo al popolo da parte della politica”.

Lapidario il commento a riguardo di Marcello Inghilesi, vicepresidente Enel negli anni ’80: “Sulla privatizzazione dell’Enel – scrive – c’è una responsabilità politica, non è caduta dal cielo”.