Peccato che il consigliere regionale Ignazio Zullo, medico di professione, abbia deciso di fare l’avvocato d’ufficio di una decisione apparsa fin dall’inizio inappropriata. Il pronto soccorso privato alla Mater Dei, finanziato coi soldi pubblici, si è rivelato un fallimento. Almeno questo dicono i dati catastrofici sui casi trattati, per la maggior parte di nessuna gravità.

Nel dibattito è intervenuto il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Mario Conca, imprenditore nel settore dei trasporti di professione, ma evidentemente ben informato dal personale sanitario che ogni giorno battaglia in trincea, stritolato nella morsa di un sistema inadeguato. Un sistema che poteva fare bellamente a meno del pronto soccorso della Mater Dei.

LA RISPOSTA DI CONCA“Rispondo alla difesa d’ufficio sul pronto soccorso della Mater Dei operata dal collega Zullo. Intanto vorrei ricordargli che le Asl sono aziende e la mia esperienza imprenditoriale, ultraventennale, non può che essere una skill essenziale per approcciare la materia sanitaria. Vorrei dirgli, inoltre, che, arrogante della mia onestà intellettuale e umiltà, prima di contestare, criticare, suggerire o proporre, mi confronto quotidianamente con il ‘saputo’ personale medico e paramedico che vive in trincea, che meglio di chiunque altro conosce i limiti e le aberrazioni del sistema sanitario regionale, e, al contempo, presto ascolto al ‘patuto’, gli utenti del SSR, che mi raccontano dei disagi e delle ingiustizie perpetrate nei piani alti a loro danno.

Se ti devi occupare di emergenza, ed è fatto noto che alla Mater Dei da sempre ci si occupa della più remunerativa e meno complicata elezione, o sei adatto e attrezzato da subito per salvare vite umane oppure aspetti di esserlo. Ciò è tanto vero, che ancora oggi il privato, nonostante il pronto soccorso, trasferisce le gravidanze a rischio al Di Venere per carenze neonatali e non può prendere in carico gli Edemi cerebrali, solo per citarne uno, perché la costosa, operativa e vitale rianimazione del Di Venere se la sognano.

Se anche fosse come dice il consigliere Zullo, e cioè che il Pronto soccorso va inserito gradualmente nel sistema dell’emergenza, ci si chiede perché anche il costo mensile dello stesso non debba essere altrettanto graduale nell’erogazione. No, i soldi vanno dati subito e in anticipo, i benefici, invece, sono eventuali e futuri. Per non parlare, poi, del possesso dei requisiti che certamente, ancora oggi, non ci sono tutti. Prima di autorizzare a posteriori un pronto soccorso privato, occorreva rendere disponibili i posti letto della sanità privata per la emergenza provinciale già esistente e che invece continuano a gestire come più gli conviene.

Si è scelto, invece, di concedere un pronto soccorso che certamente è utile solo a loro, visto che garantisce ulteriore denaro sonante e giustificherebbe gli sforamenti dei tetti di spesa. Questo è uno degli aspetti del patto scellerato di una politica compiacente, finalizzato all’acquisizione della sola sanità remunerativa da parte del privato, i rognoni li lasceranno al pubblico. Il business di pochi a danno di tutti. Non avevamo bisogno di un altro pronto soccorso, quelli baresi erano e sono più che sufficienti, tanto meno di uno poco attrezzato per l’emergenza e ubicato su un’arteria congestionata come via Amendola.

Quello che andava e va fatto, è attrezzare il tanto decantato territorio, perché solo garantendo percorsi di cura alternativi si potrà decongestionare la oberata rete della Emergenza/Urgenza, che oggi si trova a gestire, nell’80% dei casi, inappropriatezza che ci costa centinaia di milioni di euro all’anno. Relativamente al blocco assunzionale che, unitamente alla iniqua ripartizione del fondo sanitario nazionale, sono nostri cavalli di battaglia e l’origine di tutti i mali, nelle more che Emiliano li vada a perorare a livello centrale, tra una campagna elettorale e una scalata di partito, potrebbe essere mitigato attuando la nostra proposta di legge sull’emergenza, visto che si libererebbero altri cento milioni di euro per impiegarli sui PTA e con la chiusura dei PPIT, avremmo 700 unità, tra medici ed infermieri, che andrebbero a dar manforte al decongestionamento dei Pronto Soccorsi.

Cosa avremmo fatto con quei 7.5 milioni di euro? Potevamo dotare la Puglia di tre basi elicotteristiche HEMS, visto che quando ne abbiamo bisogno, e c’è tempo, ricorriamo alla vicina Basilicata o alle forze dell’ordine, e quando, purtroppo, non c’è tempo, annoveriamo casi di malasanità e morti. Potevamo svecchiare il parco ambulanze che è davvero indecente, per verificarlo ti basterà girare per gli ospedali, al San Paolo e al Di Venere ad esempio”.