Giovani e brillanti ma “costretti” a lasciare il proprio Paese per coltivare il proprio futuro all’estero. Controvento-Area Popolare Bitonto nel suo ultimo incontro si è interrogata sui motivi e le possibili soluzioni di uno dei problemi più gravi che attanaglia in particolare il sud Italia. Riceviamo e pubblichiamo:

Lo chiamano “brain drain”, o addirittura “fuga dei cervelli”, il fenomeno di emigrazione di personale tecnico-scientifico altamente qualificato e professionale verso Paesi in cui vigono migliori condizioni di lavoro e maggiori remunerazioni. Cosa porta i neolaureati italiani a cercare fortuna all’estero? I continui tagli fatti alla ricerca o il nepotismo ormai insediato nelle nostre università e ambiti di ricerca?
Questa è stata la tematica su cui Controvento-Area Popolare Bitonto si è interrogata nell’ultima reunion, soprattutto a fronte dei tanti giovani che si stanno avvicinando alla nostra realtà partitica e la maggior parte di loro ha raccontato una storia fatta da una eccellente carriera universitaria che è decaduta in un assente mondo lavorativo e di ricerca.
“La migrazione italiana negli ultimi anni è decisamente cambiata. Dinanzi a noi abbiamo emigrati che per la maggior parte sono giovani operosi, intraprendenti, affamati di nuove opportunità e con un 110 e lode che non sanno come spendere. Il divario sempre più ampio tra condizioni lavorative delle nuove generazioni e possibilità di valorizzazione del capitale umano in Italia rispetto agli altri Paesi avanzati e in maggiore crescita, porta sempre più giovani a lasciare il Paese non solo per scelta ma anche per non rassegnarsi a rimanere a lungo disoccupati o a fare un lavoro sotto inquadrato e sottopagato. Ormai all’estero non si può più dire di essere italiano, altrimenti pensano subito che sei un cervello in fuga, come una volta pensavano che fossi un emigrante dalla valigia di cartone legata con lo spago. Il titolo di studio è cambiato, la diffidenza no”, introduce il presidente di Controvento-Area Popolare Roberto Cardinale, coadiuvato nella discussione dal presidente regionale di Controvento dott. Ivan Cramarossa, il quale ha aggiunto: “Il fenomeno degli italiani migranti oggi ha un identikit diverso rispetto al passato e tocca fasce d’età e categorie sociali sicuramente differenti; infatti sono tantissimi i giovani italiani che hanno deciso di cambiare residenza e spostarsi all’estero per cercare nuove opportunità e coltivare le proprie ambizioni. Si tratta di un fenomeno in forte crescita in città come Milano e Roma così come in molte realtà del Mezzogiorno. Ritengo che l’esperienza all’estero in un mondo sempre più globalizzato per un giovane laureato e non, sia un importante volano di crescita per il proprio “Know How”, esperienza e professionalità. Il problema sorge nel momento in cui i nostri giovani decidono, a fronte della propria esperienza all’estero, di non tornare più in Italia per mancanza di opportunità e stimoli riscontrati in altri Stati, facendo perdere, quindi, alla nostra Società il loro importante contributo in termini di sviluppo e competenze. Una situazione che per l’Italia si traduce in un impoverimento del capitale umano; quindi l’obiettivo che l’Italia si deve porre è quello di essere maggiormente attrattiva cercando di trattenere le proprie menti più brillanti oltre che di attrarne altre dal panorama internazionale”.
“Ormai la fuga dei giovani dall’Italia e dal sud è diventato un problema di tutti. Riflettevo su quante persone partono per lavorare all’estero per non tornare, forse, mai più. La maggior parte di loro sono qualificati, laureati. Tutto questo perché succede? Ma soprattutto, perché non riusciamo a mantenere i nostri talenti e li “regaliamo” agli altri stati? Lo trovo avvilente e decadente”, ha commentato il segretario Marco Santeramo.
“Molti miei coetanei ma anche più piccoli optano per andare a studiare o addirittura a lavorare all’estero.
Le nuove generazioni sono sempre più consapevoli che l’Italia non valorizza adeguatamente i più giovani considerandoli “inesperti” e richiedendo spesso, anche per banali offerte lavorative, una consolidata esperienza. Queste sono le vittime dell’inadeguato “sistema” che governa il nostro Paese: si preferisce che migliaia di giovani vadano in cerca di fortuna all’estero, piuttosto che offrire loro delle concrete opportunità di crescita nel proprio Paese”, ha aggiunto il neo-controventiano Andrea Marinelli.
“I giovani di oggi non godono della migliore considerazione, si dice che siano perdigiorno senza futuro. Per noi essere giovani in Italia oggi significa pagare un prezzo molto alto dato dalla mancanza assoluta di meritocrazia, di chance per quelli desiderosi di avvicinarsi ad una professione. Essere giovane oggi vuol dire scontrarsi con la burocrazia, con una pressione fiscale e con contratti di lavoro che più cge atipici possiamo definire anomali. Noi giovani siamo costretti ad anni e anni di gavetta che in realtà è solo sfruttamento o quasi. Il vecchio che tenta di plasmare, di soffocare il nuovo a sua immagine. Verrebbe quasi da dire dunque che forse la causa di tanto astio nei nostri confronti stia nella paura che la nostra voglia di cambiamento in una società tradizionalista e morbosamente conservatrice come quella Italiana, sia così forte da stravolgere il passato.