La situazione dev’essere sfuggita di mano, al punto da non rendersi conto che probabilmente oltre al buon senso, si sono superati anche i limiti previsti dalla legge e dalla giurisprudenza consolidata in materia di accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali. Il casus, da qualche giorno belli, è quello sollevato dal nostro giornale in merito alla richiesta avanzata dal presidente del Consiglio Comunale barese, Pasquale Di Rella, e successivamente anche da alcuni consiglieri, di prendere visione della relazione consegnata i primi giorni di agosto al Comune dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Nelle 496 pagine, allegati compresi, è contenuto il giudizio degli ispettori ministeriali sulla gestione contabile e amministrativa dell’Ente. Evidentemente, però, le criticità emerse sarebbero tante e tali che il sindaco Antonio Decaro, rispondento al presidente Di Rella, ha fatto sapere che la relazione non sarà consegnata prima della lettura e delle controdeduzioni del Comune.

Scavando scavando ci siamo imbattuti nella sentenza numero 2221/2014 del Tar Campania, alla quale potrebbero appellarsi il presidente Di Rella e i consiglieri comunali, per vedere rispettato il proprio diritto sacrosanto di accedere agli atti senza vincoli, come previsto dall’articolo 43, comma 2 del Testo Unico degli Enti Locali. Il ricorrente in questione è il consigliere comunale di Rofrano, Giuseppe Viterale, al quale fu negato l’accesso ad alcuni atti pubblici.

“A tale proposito, è fin da subito opportuno richiamare i risultati cui è approdata l’elaborazione giurisprudenziale – si legge nella sentenza – riassunti dalla recente decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4525 del 5 settembre 2014: secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è motivo di discostarsi (Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963; 9 ottobre 2007, n. 5264), i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale”.

Per la legge e per i giudici il consigliere comunale non è un cittadino qualunque, infatti:  “Mentre in linea generale il diritto di accesso è finalizzato a permettere ai singoli soggetti di conoscere atti e documenti per la tutela delle proprie posizioni soggettive eventualmente lese – si legge ancora – quello riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale (Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976)”.

Ora, al netto di leggi e sentenze, resta un fatto fondamentale. I consiglieri comunali devono sempre e comunque poter accedere ad atti pubblici, esattamente qual è la relazione del ministero dell’Economia e delle Finanze, per vigilare sulla regolarità dell’attività ammonistrativa. Ciò che sta succedendo al Comune di Bari appare tanto una violazione bella e buona di un diritto inequivocabile. Il fatto, poi, che un rappresentante del popolo possa essere “ignorante” in materia; debba impiegare un giorno o una vita per leggere e comprendere la relazione, non può rappresentare in nessun modo un ostacolo alla richiesta di accedere al documento pubblico.

Tutto ciò se consideriamo che avviene alla vigilia dell’importante appuntamento di lunedì 29 agosto, quando in Consiglio Comunale si discuterà dell’altrettanto imbarazzante relazione della Corte dei Conti. Peccato che l’atteggiamento intrapreso dal sindaco Decaro e dall’amministrazione comunale, dia l’impressione di voler a tutti i costi mascherare qualcosa. Non si può chiedere ai cittadini il rispetto delle regole se poi si è i primi a non rispettarle. Se davvero non c’è nulla da temere; se – al contrario di quanto sostiene qualcuno – la relazione non mette a rischio persino la tenuta dell’amministrazione comunale, pubblicate il documento e condividetelo con i consiglieri comunali e quindi con tutti i cittadini baresi, esattamente come in passato hanno per esempio fatto a Siena e in altri centri d’Italia oggetto della stessa identica verifica ministeriale.