Riceviamo e pubblichiamo l’intervento dell’onorevole barese del partito democratico Alberto Losacco, membro della Commissione Bilancio e Presidente del Consiglio Giurisdizionale della Camera dei Deputati.

Esattamente due anni fa, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affidò a Matteo Renzi l’incarico di formare il nuovo governo. Il segretario del più grande partito italiano, era chiamato a dare al Paese una svolta profonda, in grado di farlo ripartire, per dare la possibilità di agganciare la crescita e lo sviluppo che allora erano ancora ben lontani.

“Servono sogni e coraggio”. Fu la parola d’ordine del Presidente Renzi, che aveva chiari gli obiettivi da raggiungere: la modernizzazione del Paese, un nuovo e più adeguato impianto istituzionale, la riforma del mercato del lavoro, il sostegno alle imprese, la semplificazione fiscale, la riforma della giustizia, la “buona scuola”.  Una prima grande riforma è stata avviata. È la tanto attesa riforma del Senato, che poi è prima di tutto la fine del bicameralismo perfetto, che tanti problemi ha sempre creato al sistema legislativo (troppo lento e farraginoso). Dopo notevoli difficoltà e un duro braccio di ferro con dissidenti Pd, il ddl Boschi sta per raggiungere la meta. Manca l’ultima lettira alla Camera. Poi ad ottobre la consultazione popolare e la storica riforma sarà completata.

Lavoro – con l’approvazione del Jobs Act, il Paese ha fatto un notevole passo in avanti. Certo, ora servono maggiori interventi a favore delle politiche attive, ma intanto i primi importanti risultati sono arrivati per l’occupazione. Le aziende hanno sfruttato le agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato spostando l’asse del lavoro verso i contratti stabili. Meno vincoli, più flessibilità, ma anche nuove tutele.
Nel febbraio 2014 il tasso di disoccupazione era al 12,4%. I giovani disoccupati erano il 43%. Nel dicembre del 2015 l’Istat, registrava la disoccupazione all’11,4 mentre i giovani senza lavoro erano scesi al 37,9%.

Tasse – in due anni di governo le tasse sono state ridotte di 19,4 miliardi. Nel frattempo 9,5 miliardi di euro sono andati al bonus di 80 euro per i lavoratori sotto i 1.500 euro di stipendio netto mensile.
Per gli sgravi sulle assunzioni a tempo indeterminato sono andati 5,7 miliardi. Alla riduzione dell’Irap ed altro sono andati 5,7 miliardi. L’eliminazione della tassa sulla prima casa (e dell’Imu sui terreni agricoli e sui macchinari) è costata in tutto 4,6 miliardi.

Pubblica amministrazione – con l’approvazione della Legge in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, è stata avviata una rivoluzione digitale nell’erogazione dei servizi. Con un principio fondamentale che dovrà essere alla base di tutta la P.A.: un diritto dei cittadini diventa un dovere per le amministrazioni.

Scuola – con la riforma della scuola si è potuta realizzare la continuità nella didattica, con un’offerta formativa più efficiente, flessibile e aggiornata; strumenti più efficaci di raccordo con il mondo del lavoro.
Tutto questo ha subito portato a più di 100mila nuovi insegnanti assunti; a nuovi investimenti nell’edilizia scolastica; al bonus di 500 euro l’anno per l’aggiornamento e l’attività culturale di ogni docente.

Sarebbe troppo lungo anche solo annunciare le altre riforme andate in porto e quelle in itinere. Possiamo solo dire che nel campo della giustizia, della sanità, del Beni culturali e del turismo, dello sviluppo, dell’innovazione tecnologica, della giustizia sociale, delle imprese e del risparmio, della sicurezza, delle politiche agricole, nulla sarà più come prima. Certo, ci vorrà ancora qualche mese per vedere i primi effetti di queste riforme. Tanto è stato fatto ma ancora di più si dovrà fare. Di certo c’è che il Pase ha intrapreso la strada della modernizzazione. E da questa non si torna indietro.