Con una lunga nota pubblicata sul proprio profilo Facebook, Guglielmo Minervini si è dichiarato pronto a sospendersi dal Pd se Giovanni Procacci non dovesse dimettersi da coordinatore della segreteria regionale del Partito e se Emiliano, in qualità di segretario regionale, non dovesse pretendere le sue dimissioni. Il motivo di tale presa di posizione è l’inchiesta sugli scandali che riguardano i concorsi all’Università di Bari e che vedono direttamente coinvolto Procacci. Ecco la nota.

“I fessi. E’ evidente che i fessi siamo noi che abbiamo educato i figli sostenendo che nella vita si cammina in piedi.
E che contano la fatica, l’impegno, il merito, l’onestà. E che solo quando ti conquisti un risultato con le tue forze, allora senti il profumo della libertà. E’ evidente che il fesso sono io. Dieci anni assessore regionale, nientepopodimeno, e una figlia a Milano ancora a sbattersi in giro, con tutte le sue energie, per cercare uno stage non retribuito, dopo un lavoro precario in condizioni da sfruttamento.

In fondo, come ci ricorda Procacci, se sei un “politico” di punta
basta una telefonata all’amico barone, et voilà, dottorato vinto per
tuo figlio, primo passo di una carriera luminosa spianata in forza di
un cognome che sfonda i traguardi come un ariete. Con buona pace di chi quel posto lo meritava davvero, ma essendo privo del supporto di una buona famiglia, si è visto sorpassato a destra: gli auguriamo, davvero di cuore, migliore successo.

Quelle intercettazioni tra l’accademico e il coordinatore della
segreteria regionale del PD, l’uomo più vicino di Michele Emiliano,
sono una ferita profonda. Offendono il nostro popolo. Ovviamente non ci interessa il rilievo penale della vicenda ma esclusivamente i due nodi politici che solleva.

Il primo riguarda la credibilità di una classe dirigente che in
pubblico difende i principi della giustizia e in privato osserva la
pratica della propria tutela. Il secondo riguarda la politica nel suo complesso. Il nepotismo e il clientelismo sono il male oscuro del paese. Se sei figlio di nessuno devi restare al palo della vita. Non conta quello che vali, ma come ti chiami, chi conosci, chi ti sponsorizza. Questa logica non produce solo ingiustizia ma anche impoverimento sociale. La cultura dei “figli di” genera un’università dequalificata, una ricerca inefficace, una scuola scadente, una pubblica amministrazione degradata.
Una società peggiore. Insomma, ogni volta che passa una raccomandazione si toglie a tutti non a uno solo.
La raccomandazione è una ferita sociale non solo uno scippo individuale.

Non si disincaglia la Puglia dalla crisi se non riusciamo a dire a
tutti i pugliesi, specie ai giovani, che qui le regole sono le regole
e la trasparenza è la trasparenza.
E le opportunità sono davvero per tutti, sopratutto per i figli di
nessuno, per i meno protetti e i meno garantiti.

Ecco perché un partito di “quelli che raccomandano i propri figli” è
il principale avversario del cambiamento della Puglia. Procacci dovrebbe avvertire il bisogno di togliere il PD dall’imbarazzo dimettendosi dall’incarico di rappresentanza.
Il segretario regionale spero glielo abbia chiesto.

Altrimenti ci sospenderemmo noi dal PD.
Su questo punto non si transige.
Non si può transigere”.

La risposta di Procacci non si è fatta attendere e sulla stessa pagina del social network ha replicato:

«Caro Guglielmo, non pensavo che arrivassi a tanto, strumentalizzando una vicenda che non mi vede minimamente coinvolto né sul piano giudiziario né su altri piani, semplicemente perché non sono assolutamente intervenuto nella vicenda. È possibile che un figlio di persona nota sia capace e meritevole? O per forza i suoi traguardi sono dovuti all’influenza dei genitori? Anche un altro mio figlio sta facendo concorsi e andrà lontano, come è già avvenuto in passato. Non ricopro ruoli istituzionali e nel partito coordino la segreteria. Non esiterei un attimo a dimettermi se questo non dimostrasse una mia qualche colpevolezza»