Provenite da esperienze e studi diversi: classica, jazz, rock progressive e funk. Nel suono dei Davoli trio c’è tutto e solo questo, o anche dell’altro?
Gigi: “Secondo me c’è molto di più. Al momento le idee sono solo abbozzate, però con i nuovi pezzi vogliamo cercare di realizzare qualcosa di molto più grosso. È strano parlare di nuovo disco, dato che non abbiamo ancora registrato il primo, però vogliamo provare a realizzare un brano solo che duri 45 minuti, che abbia un inizio, un percorso e una fine, un lungo viaggio”.
Michele D’Albis: “Io, Michele e Gigi proveniamo da stili musicali differenti, Michele dalla musica classica, ha un’impostazione molto tecnica, melodica ed estremamente espressiva…”
Michele Quattrocchi: “…mi affaccio molto volentieri al jazz perché mi piace…”
D’Albis“…ed è un tuttologo, sa fare bene tutto quello che gli metti d’avanti. Gigi viene dal rock…”
Gigi: “…ho suonato rock progressive, la fusion, indottrinarmi al jazz è stato un impegno perché come canoni ho i batteristi che picchiano -scherza- però ho scelto di maturare, di crescere, affrontando un percorso di studio dello swing, del groove, del jazz moderno”.
Quattrocchi: “Al di là della musica, ci unisce una profonda amicizia, con Gigi ci conosciamo da vent’anni, il trio è stato fondato un anno e mezzo fa dal sassofonista Luca Arcidiacono, un carissimo amico che è andato via per motivi personali, ma con Gigi suonavamo insieme già vent’anni fa. Ora abbiamo Michele D’Albis che nonostante i suoi 16 anni è un grandissimo bassista…”
D’Albis: “…io non mi definisco grande appunto per la mia età e anche perché suono il basso da un paio di anni, ma sono contento dei Davoli perché oltre ad essere ottimi musicisti, capiscono le esigenze di un bassista che vuole fare qualcosa di diverso dai canoni classici che si trovano in giro normalmente…”
Quattrocchi: “Abbiamo fuso stili diversi, a me piace molto la musica ottocentesca, non voglio citare gli autori…”
Gigi: “…sennò attacca con wikipedia…”
Quattrocchi: “…no no, infatti, comunque mi sono affacciato al jazz perché mi piace moltissimo”.

Calmi, calmi, riprendiamo le fila del discorso. Secondo voi, allora, questa amicizia si sente nella musica dei Davoli?
Quattrocchi: “Onestamente si, perché nel momento in cui suoniamo, anche se si tratta di un pezzo con delle parti ancora non ben definite, basta guardarci negli occhi per capire cosa abbiamo intenzione di fare. Uno sguardo, un gesto, e ci intendiamo perfettamente, e questo rende tutto molto più facile quando si tratta di scrivere. Il risultato dipende soprattutto dal nostro affiatamento”.
Gigi: “L’arrivo di D’Albis ha portato poi quella freschezza che ci ha permesso di andare oltre quello che sapevamo già fare”.

In un anno di vita, la formazione ha subito due cambi di assetto, rimanendo comunque un trio. È un vostro obiettivo quello di rimanere in tre o sareste disponibili ad un allargamento?
Quattrocchi: “Vogliamo rimanere in trio, per me bastano tre persone: una base ritmica, una base armonica e una melodia. Io voglio un suono molto pulito, al limite potrei pensare a degli special guest, delle collaborazioni”.

Il cambio di formazione ha inciso anche sul sound, c’è da qualche parte il desiderio di riprendere certi discorsi musicali interrotti?
Gigi: “Sicuramente ci potrebbero essere delle collaborazioni, però l’assetto adesso è praticamente stabile. Abbiamo preso i pezzi che suonavamo prima, li abbiamo triturati, riarrangiati, e il risultato è un sound che sicuramente è diverso, però affascinante. Preso Carnival per esempio, che è un brazil jazz, ci siamo chiesti come fare a sostituire il sax. Quattrocchi fa l’assolo, D’Albis ha un ritmo incalzante di basso, la batteria fa il solo, tutto questo va a sostituire, a compensare, il sistema fonico del sax”.
Quattrocchi: “Musicalmente non abbiamo un leader, teoricamente dovrei essere io perché porto la melodia, in realtà ognuno di noi ha il proprio spazio, emerge con il suo strumento”.
D’Albis: “Il tre è storicamente considerato il numero perfetto, poi ognuno  durante un pezzo si esprime al suo culmine con l’assolo, quando vuole, segnalandolo agli altri. In gruppi con più di tre persone è difficile dare spazio a tutti, nei gruppi rock ci sono la chitarra ritmica e quella solistica, ma non possono fare l’assolo entrambe, poi lasciare spazio all’assolo di batteria, poi a gli altri…”
Gigi: “…noi rompiamo lo standard, non abbiamo un pezzo con l’intro, la strofa, il ritornello, il bridge, l’assolo, il ritornello e il finale. Con noi non funziona così, durante il live ci guardiamo e decidiamo se colorare un po’ di più il pezzo, un po’ come avere una tela col disegno, e divertirci ad aggiungere più o meno particolari”.

Gigi tua nipote ha detto: la musica è bella ma a volte siete tristi. È questa l’essenza dei Davoli trio, suscitare emozioni?
Gigi: “Questo sicuramente. La tristezza perché lei è una bambina, però le piacciono i Davoli perché anche noi abbiamo delle ritmiche molto gioiose e divertenti. Siamo molto riflessivi, abbiamo diversi brani che sono l’esasperazione sentimentale, tramite note ci viene fuori ciò che abbiamo dentro, nelle viscere, tramite groove, tramite ritmo deve essere qualcosa che…”
Quattrocchi: “…questo lo diceva Beethoven…scusate se lo cito…”
Gigi: “…Beethoven? Io andavo al Panetti (l’istituto tecnico, ndr)” ride.

Presentando il brano So Far So Near scrivete: [..] la passione di due amanti, il ritorno alla vita inscatolata fra quattro mura. Perché la vita inscatolata tra quattro mura?
Quattrocchi: “Questo lo hai scritto tu Gigi, ora rispondi” prendendolo in giro.
Gigi: “So far So Near è un incontro tra due persone, lo immagino come un viaggio in treno in cui incontri una persona bellissima con cui stai bene, però a un certo punto devi tornare. Se noti, nel brano c’è il raddoppio di tempo tre volte, come se stessi vedendo un film che va sempre più veloce, sempre più veloce. A un certo punto il film finisce e tu ritorni ad essere quello che eri, però ti sei goduto tutto il panorama. È la colonna sonora di uno stato d’animo”.

Ok, però perché quella vita è racchiusa tra quattro mura? La vita è anche fuori…
Gigi: “Certo, però con il sistema vita che ti impongono gli altri, alla fine sei costretto a rifugiarti in casa tua per essere protetto. So Far So Near può essere una linea di fuga, un po’ come andare alla spa a rilassarti, però poi devi tornare alla quotidianità”.

Leggendo la descrizione dei vostri brani, sembra che l’ispirazione nasca dalla più piccola esperienza quotidiana, ma voi siete un trio, come avviene la composizione dei pezzi allora?
Quattrocchi: “Ognuno porta la sua esperienza, tradotta poi in una melodia, in un giro di basso, col proprio strumento, che viene proposta agli altri e sviluppata”.
D’Albis: “Suono con i Davoli da pochi mesi, però ho notato che abbiamo una forte empatia, gli stati d’animo di uno sono concepiti mentalmente anche dagli altri, riusciamo a capirci perfettamente come sul palco. È proprio grazie a questo che i brani possono nascere dall’esperienza del singolo, infatti non sono scritti a tavolino come avviene molto spesso nei gruppi, non sono costruiti, ma nascono dai nostri sentimenti, dai limiti che vogliamo superare, dalle nostre debolezze, puntiamo ad esprimere quello che ci capita”.

Avete mai pensato di scrivere una parte vocale per i vostri pezzi?
Quattrocchi: “Per ora no”.
Gigi: “Abbiamo anche una cantate molto brava, Roberta Sciruicchio, però non riusciamo a legare un testo con le note…”

…per questo ho parlato di parte vocale…
D’Albis: “Ne abbiamo parlato diverse volte noi del trio, e alla fine siamo giunti alla conclusione che riusciamo ad esprimere ciò che vogliamo anche senza parte vocale…”
Gigi: “…però non siamo integralisti dai…” sorride.
Quattrocchi: “Guarda, come dicevo prima, come per uno special guest, anche una cantante perché no, io però preferirei evitare i testi…”
Gigi: “…perché i testi comunque danno un binario da seguire, parla di un qualcosa di preciso, invece con la musica tu puoi dipingere quello che vuoi”.

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Line-up

Michele Quattrocchi, tastiere
Gigi Quintavalle, batteria
Michele D’Albis, basso