La protesta della donna affonda le radici nello scorso febbraio, quando minacciò di suicidarsi lanciandosi dal quarto piano del palazzo del tribunale. Le venne concessa la fissazione a breve dell’ultima udienza del processo di primo grado, riconoscendole un’invalidità dell’11%.

Il tutto ebbe inizio quando la quarantaduenne lavorava come ausiliara nel reparto di cardiologia dell’ospedale di Monopoli e accidentalmente rimase schiacciata da un carrello del peso di 10 quintali. Un incidente che le provocò un trauma cranico, la disidratazione del disco, l’invecchiamento di 30 anni della spina dorsale e una frattura al braccio. Fu costretta a portare il busto ingessato per diversi mesi.

Dopo la riabilitazione fu trasferita al poliambulatorio di Polignano, dove attualmente lavora, ma i tre mesi in terapia intensiva costrinsero il marito ad abbandonare il lavoro da autista soccorritore per prendersi cura dei figli,oggi di anni 12, 15, 20.

«Ci sono miliardi di padri e madri che come me hanno subito incidenti sul lavoro e aspettano da anni che gli venga riconosciuto quello che gli spetta. Questa non è giustizia», grida la donna che, adesso più che mai, chiede sia fatta chiarezza sulla sua vicenda. Tramite il suo legale ha depositato appello ma l’udienza è stata fissata non prima del 2015.

10 Maggio 2013

Claudia Caiati